Ecco, viene il Signore, re della gloria
Omelia dell’arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia alla Santa Messa per gli operatori della Pastorale dei Migranti
(Torino, 20 dicembre 2010)
La vicinanza del Natale ci fa esultare di gioia e la Chiesa ci propone ripetutamente la gioia di Maria la Madre di Dio che concepisce per opera dello Spirito Santo e accoglie nella fede il Verbo di Dio che si fa carne della sua carne. Il “sì” di Maria è il nostro fiat di adesione alla volontà di Dio che ci chiama a viere la fede nella carità. Anche se a volte ci sembra che quanto facciamo non abbia quei frutti sperati, mai deve venire meno la certezza che Dio compie cose impossibili là dove c’è fede in Lui.È con questi sentimenti di fede e di amore che oggi siamo qui, cari fratelli e sorelle, e vogliamo portare con noi e mettere davanti a Dio, perché li abbiamo nel cuore, tanti amici immigrati. È un momento forte e bello della nostra vita ecclesiale. Vogliamo unirci insieme per pregare e per ringra-ziare il Signore di averci fatti cristiani e dunque membri dello stesso popolo santo di Dio, che ha il compito di testimoniare la luce di Cristo salvatore a tutte le genti. Abbiamo a che fare ogni giorno con persone di nazioni e culture diverse per nascita e provenienza, ma nel rispetto e nell’accoglienza reciproci viviamo la stessa fede in Dio e desideriamo operare con uguali diritti e doveri, per annunciare a tutti che crediamo nell’amore di Colui che è il nostro e loro salvatore e nel suo nome vogliamo vivere insieme l’amore che ci fa fratelli e sorelle.
Sempre più numerosi sono oggi gli immigrati di altre confessioni cristiane e di altre religioni, che ci interpellano, per una comunione solidale di fede in Cristo i primi e in Dio gli altri. Tutti però impegnati ad accogliersi come membri di un’umanità, che cerca insieme la strada che conduce alla verità e all’amore.
Desidero in questa circostanza salutarvi, cari amici, e invitarvi ad avere fiducia nel Signore e nella Chiesa, che vive ed opera nel nostro territorio e mostra anche attraverso di voi il suo vero vol-to. Voi sapete bene che le migrazioni hanno sempre caratterizzato la storia dei popoli del nostro Continente e ne hanno via via segnato i passaggi epocali più complessi e determinanti per il suo fu-turo. Anche oggi viviamo una di queste epoche e ci rendiamo conto di quanto ciò apra sfide ed oriz-zonti nuovi di cultura e di cambiamenti sociali, non sempre accolti serenamente e comunque porta-tori di problematiche complesse per tutti. La diversità di culture, di tradizioni religiose e civili, di linguaggi e di costumi, di cui sono portatori tanti immigrati, pongono problemi nuovi per la nostra società che, in passato, era considerata una terra di emigrazione e oggi è approdo per tante persone provenienti da molti Paesi del mondo.
La paura del diverso, le conflittualità che nascono, l’incapacità di procedere su vie di integra-zione da una parte e dall’altra, atteggiamenti di rifiuto e di indifferenza latenti in molti ed espliciti per fortuna in pochi, fanno parte ormai del nostro vivere quotidiano. I mass media poi aggravano questa situazione, perché esasperano, a volte, i casi limite e diffondono una mentalità ed una cultura di sospetto e di insicurezza, che va ben oltre la realtà e fonda un costume di pensiero e di vita diffu-so.
Guardando alle radici cristiane del nostro popolo, verrebbe da chiedersi se, di fatto, il Vangelo dell’amore verso ogni uomo considerato un fratello, come ci dice Gesù, e del saper vincere il male con il bene, sia penetrato nel tessuto della vita quotidiana della nostra gente. Quando Paolo affer-mava: «Non c’è più giudeo o greco, uomo o donna, schiavo o libero, ma siamo tutti uno in Cristo», era normale vivere in un mondo dove il rifiuto dello straniero, non cittadino romano, era, di fatto, legge di vita, in quanto il diverso era considerato privo di ogni diritto ed emarginato. Il cristianesi-mo da subito si è posto in alternativa alla cultura dominante su questo punto, superandola con la legge dell’amore. Ricordiamo come Paolo non impone a Filemone di lasciare libero lo schiavo O-nesimo, ma di accoglierlo come un fratello, il che è ben di più, perché ne fa un membro della sua famiglia. Un esempio di integrazione che la Chiesa ha promosso, nel corso della sua storia, verso tanti popoli giunti alla fede e di cui ha saputo rispettare e accogliere la cultura nei suoi aspetti più veri dal punto di vista umano e sociale. Pur tra mille difficoltà, la Chiesa ha sempre dovuto porsi il problema della inculturazione della fede in popoli nuovi e diversi, traendone grandi risorse per il suo cammino di rinnovamento e di incarnazione del Vangelo nella storia.
Voi, cari amici, ne siete i testimoni più evidenti e qualificati. E la vostra testimonianza fa com-prendere che per la Chiesa le migrazioni non sono solo un fatto sociale o politico, ma anche un fat-tore positivo di evangelizzazione, dove si misura la sua capacità di essere e di manifestarsi quale sa-cramento di unità e di pace per l’intero genere umano. Del resto, dovrebbe essere connaturale ad ogni cristiano accettare di confrontarsi positivamente con chi è straniero nella sua patria, perché, come ricordava molto bene la lettera a Diogneto, «i cristiani vivono nella loro patria, ma come fo-restieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro ed ogni patria è straniera. Amano tutti e da tutti vengono perseguitati. Sono oltraggiati e ingiuriati e benedicono. Sono combattuti come stranieri e perseguitati, ma coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo della loro avversione». Dunque, i cristiani hanno sofferto ed anche oggi, in tante parti della terra, soffrono per la loro diversità e sono oltraggiati e perseguitati.
Questo testo mirabile nella sua concretezza storica dovrebbe insegnare tante cose, anche oggi, a chi si ritiene cristiano. Purtroppo, si tratta di affermazioni vere, ma non assimilate in profondità nel-la mentalità di tanti, che pure le conoscono e le apprezzano.
Nella nostra società, poi, assistiamo ad un fatto sorprendente. Da un lato, vediamo quanto la gente sia aperta e disponibile ad aiutare e sostenere le opere missionarie, sotto il profilo sociale, e quante associazioni, gruppi, cooperative si impegnino in questo per portare segni concreti di pros-simità, di aiuto fattivo e concreto alle popolazioni del Paesi del Terzo e Quarto Mondo. L’orizzonte del mondo non è dunque estraneo a tanti ed apre vie impensabili di generosità e di servizio. Un mondo che, però, sta lontano. Dall’altro lato, quando questo stesso mondo viene a vivere nella porta accanto, allora scattano paure e rifiuti e si ingenerano estraneità ed emarginazioni, che possono an-che portare a ghettizzare lo straniero immigrato o a diffidare di lui. Questo non possiamo e non vo-gliamo accettarlo, da parte di nessuno e, come Chiesa, siamo impegnati a contrastare qualsiasi nor-ma nazionale o locale, che discrimini o penalizzi gli immigrati, rendendo difficile e faticosa la loro vita e non rispettandone i diritti fondamentali dovuti ad ogni persona umana. Non esistono, infatti, gli immigrati e tanto meno i cosiddetti extracomunitari, ma esiste una persona umana soggetto di diritti e doveri, come ogni altra, prima e al di là del colore della sua pelle, della sua nazionalità o re-ligione.
Per grazia di Dio dobbiamo comunque constatare, nel nostro territorio, anche tanti segni di spe-ranza. Non poche sono le famiglie che apprezzano e valorizzano molto le persone immigrate per il servizio agli anziani e tante aziende che fanno altrettanto per i lavori spesso più umili e faticosi. Non mancano comunità che aprono le loro chiese o i loro locali per accogliere gruppi di immigrati per le celebrazioni ed i loro incontri. Nei consigli pastorali stanno entrando sempre più le presenze di fratelli e sorelle immigrati. I centri promossi dalla Pastorale dei migranti crescono e si consolida-no con l’apporto responsabile degli stessi immigrati e delle comunità in cui operate.
Non sono poche le amministrazioni locali, al pari di tante scuole, associazioni e gruppi, che di-mostrano grande attenzione e rispetto verso gli immigrati e stabiliscono vie concrete di dialogo, di incontro, di conoscenza e di collaborazione.
Anche di fronte alla crisi economica, che sta incidendo fortemente in tante famiglie sia italiane sia di immigrati, ci si rende conto della necessità di attivare una rete di solidarietà, che favorisca aiuti concreti a chi resta senza lavoro e per chi, immigrato in particolare, corre il rischio di perdere anche il permesso di soggiorno e di dover quindi rimpatriare, con grande sofferenza, i figli e la fa-miglia.
La valorizzazione delle buone pratiche e dei patti territoriali, che sono in atto in molte comunità cristiane e civili verso e con voi immigrati, mostrano chiaramente le vie da seguire per far fronte ai problemi, anche più complessi, che coinvolgono le famiglie e i lavoratori. Resta determinante, tut-tavia, la necessità di parlare con le persone, di conoscere la loro cultura, gli usi, i costumi e le tradi-zioni, di educare e formare le famiglie, i ragazzi, i giovani, le comunità ad una nuova cultura di ac-coglienza basata su relazioni meno superficiali e più integrate.
Per collaborare e per accogliersi, rispettandosi gli uni gli altri, occorre osservare le regole de-mocratiche del nostro Paese quali basi portanti di unità della popolazione, promuovendo, tuttavia, le identità di ciascuna componente, senza nascondere le diversità, a volte anche profonde e non solo esteriori, di impostazione di vita, di cultura, di religione, di comportamenti. Le diversità non debbo-no creare muri, ma servire come ponti su cui impostare vie di dialogo, di convergenze amicali e di condivisione, operando uniti per una società più giusta, solidale e pacifica. Possiamo affermare che la presenza di tanti fratelli e sorelle immigrati è uno stimolo per il nostro Paese a ritrovare le radici vere ed autentiche della sua fede e cultura cristiane. Solo così potremo affrontare serenamente il problema e gestirlo con sicurezza per costruire una nuova civiltà dell’amore dove le differenze non si azzerano, ma sono considerate una risorsa posta a servizio del progresso civile e culturale dell’intera società.
C’è infine un aspetto che non possiamo disattendere nel nostro impegno: quello proprio della Pastorale dei migranti di sostenere il cammino spirituale e di fede degli immigrati e delle comunità etniche. Molti sono gli immigrati cattolici e cristiani che necessitano di questo. Ringrazio i cappel-lani che se ne curano e i loro più stretti collaboratori. Lasciando infatti il proprio Paese tanti fratelli e sorelle della stessa fede in Cristo si trovano spaesati e privi di punti di riferimento per la loro cre-scita cristiana e per tutte quelle esigenze pastorali di cui hanno bisogno per se stessi, la loro famiglia e i figli in particolare. È necessario inoltre che le comunità etniche cattoliche possano usufruire di chiese e locali per l’accoglienza e la pastorale e si raccordino sul territorio con le parrocchie in mo-do che gli immigrati si inseriscano gradualmente nel cammino pastorale delle comunità locali. Quelle di altre confessioni cristiane necessitano del nostro aiuto per avere anch’esse chiese o locali sufficienti a svolgere il loro culto in modo da testimoniare con gioia la nostra unità in Cristo me-diante quell’ecumenismo spirituale e fraterno che ci aiuta a progredire nella stessa fede e carità.
Per i fedeli di altre religioni è giusto e doveroso l’aiuto ad avere luoghi idonei a svolgere il loro culto a Dio e le varie iniziative religiose della loro comunità di appartenenza.
La cura dell’ecumenismo da un lato e del dialogo interreligioso dall’altro rappresenta oggi una della frontiere di impegno comune tra i credenti ed è fonte di giustizia e di pace per l’intera società.
Cari amici,
grazie per quello che siete e che fate. Sentitevi sempre stimati e amati dal vostro Vescovo che vi seguirà passo passo per sostenere la vostra opera e per imparare da voi le vie più efficaci per dare segni concreti di accoglienza e di dialogo, di incontro e di promozione umana, religiosa e civile de-gli immigrati che sono tra noi.
A Maria, madre nostra e madre dell’umanità, rivolgiamo la nostra preghiera perché ci dia la sua stessa fede fonte prima di amore gratuito e generoso verso tutti.
Amen.