ASILO IL DIRITTO NEGATO
Fonte: La voce del Popolo
UN LIBRO DI LUCA RASTELLO RACCONTA L’EPOPEA DEI RICHIEDENTI ASILO TRA FRONTIERE BLOCCATE E DISCRIMINAZIONI CONTINUE
La politica dei respingimenti e una burocrazia assurda impediscono ai rifugiati di ottenere ciò che gli aspetta secondo le leggi internazionali.
Torino: C’è una guerra silenziosa che si combatte nel deserto, ai margini di quella che ormai è diventata la vera frontiera d’Europa. Confini «appaltati» alla Libia, all’Algeria. All’Egitto, che li gestiscono per conto dei governi europei, lontano dagli sguardi distratti dei cittadini dell’unione. Contro questa barriera blindata si scontrano ogni giorno migliaia di disperati che scappano da guerre, dittature, persecuzioni religiose. Profughi che avrebbero tutte le carte in regola per far valere il diritto d’asilo, ma che invece vengono respinti, allontanati, incarcerati, torturati prima che mettano piede in Europa
La fotografia di questa drammatica «deportazione dei diritti» (che secondo le stime in 10 anni ha provocato almeno 16 mila morti) la fornisce con precisione il libro del giornalista torinese Luca Rastello «La frontiera addosso» (Laterza). Il volume, che nasce dalla collaborazione con la Caritas e l’ufficio per la pastorale dei Migranti di Torino, viene presentato sabato 22 gennaio alle 9.30 in Seminario metropolitano (via XX settembre 83).
«Il mio compito — spiega l’autore – è stato di scrivere il racconto, la parte narrativa del problema e dei vari gradi di segregazione che affronta chi cerca di attraversare la Frontiera europea». Poi, insieme a un gruppo di ricercatori e di operatori (Cristina Artoni, Maurizio Dematteis, Giovanni Godio, Cristina Molfeta, Giorgio Morbello, Raffaella Rizzi, Mirtha Sozzi è nata le seconda parte del volume: «un vero e proprio manuale sul diritto d’asilo su come richiederlo e su come aiutare a esercitarlo».
Il titolo del libro spiega bene il problema «La frontiera addosso ’ — chiarisce Rastello — vuol dire che cercare di attraversare i confini blindati del nostro continente viene vissuto come una colpa da cui non ci si redime mai. Per il richiedente asilo, la frontiera è una condizione di vita, non solo una situazione contingente. Quando arrivi cui vieni trattato come un problema, non come un cittadino, e quella frontiera maledetta ti resterà addosso come un odore sgradevole per tutta la vita». Come si comporta l’unione europea di fronte a questo fenomeno? «Dall’inchiesta emerge un atteggiamento apparentemente contradditorio e opportunista – afferma l’autore – l’Europa, nel senso dei governi ha deciso che il diritto fondamentale dell’asilo, su cui basa la propria civiltà giuridica, è diventato imbarazzante in termini di consenso, apre le porte a una difficoltà di controllo dei flussi migratoti. Dato che non si può negare esplicitamente il diritto d’asilo, da un lato lo si continua a enunciare come fondamentale, dall’altro gli si fa una vera e propria guerra. Che si traduce per esempio nella cintura realizzata dall’agenzia europea Frontex, un vero e proprio esercito, con navi, aeri, forze speciali, che ha il compito di tenere fuori la gente, di impedire che arrivi sul suolo europeo per esercitare eventualmente il proprio diritto d’asilo, Il ‘danno collaterale’ di questo conflitto sono i morti alle frontiere, i respinti che non tornano indietro: almeno 16 mila in 10 anni. Una strage spaventosa sulla quale si preferisce volgere io sguardo altrove».
Gli ostacoli che portano alla segregazione sono tanti. «Prima di tutto la ‘politica dei respingimenti’, che blocca i profughi prima che possano chiedere asilo alle frontiere con la Libia, l’Algeria, l’Egitto, la Turchia, il Mali, la Mauritania». Poi il «limbo burocratico dei regolamenti assurdi, fatti in modo che sia difficilissimo ottenere io status di rifugiato politico». Come nel caso di Happy, una ragazza nigeriana arrivata in Italia nel 2003 dopo essere scampata a gli scontri con i musulmani in cui hanno perso la vita il padre, pastore della chiesa locale, e la madre. Pensava che bastasse raccontare la propria storia, mostrare le cicatrici. Invece, la commissione incaricata di esaminare il suo caso le chiede se in patria avrebbe avuto modo di mantenersi economicamente. E lei risponde di no. Risposta errata: viene subito etichettata come «migrante economico» e la domanda di protezione per motivi religiosi scartata.
Anche per i pochi fortunati che superano la soglia e riescono a ottenere la protezione internazionale la strada è tutta in salita: «in Italia più che negli altri paesi» specifica Rastello. «Il nostro sistema non prevede nessun tipo di accoglienza. Si assiste così alla fuga illegale dei rifugiati negli altri paesi dell’Ue, perché paradossalmente è meglio essere clandestini nel resto d’Europa che rifugiati in Italia. In questo panorama di accoglienza negata — rimarca l’autore – spicca Torino: la nostra città continua a rifiutare la residenza anagrafica ai 250 profughi che nel 2009 occuparono l’ex clinica San Paolo, il Comune è tenuto a rilasciare quel certificato. Senza residenza, i rifugiati non possono accedere ai servizi sanitari, avere un lavoro, una casa, aprire un conto… Di fatto il problema è stato demandato alle associazioni del coordinamento ‘Non solo asilo’, le uniche che se ne sono fatte carico. Bisogna capire che quello dei rifugiati non è un problema di ordine pubblico, come invece viene vissuto, ma un dato strutturale in un pianeta che da sempre vive il fenomeno della fuga dalle guerre e dalla morte»
Gabriella GUCCIONE.