post-rivoluzione egiziana – giorno 21, 22, 23
post-rivoluzione egiziana – giorno 21
Cari amici e amiche,
la giornata in piazza Tahrir è passata in un clima di festa. Dopo la preghiera, è giunto nella piazza anche il neo primo ministro Essam Sharaf. Con grande fatica, è riuscito a raggiungere il palco, perché la folla lo premeva da ogni parte (tra l’altro è stato coraggioso, non c’era assolutamente nessuna garanzia di sicurezza in quelle condizioni). Per salire sul palco, però, alcuni presenti hanno dovuto issarselo sulle spalle. Non c’era altro modo, visto che ogni passaggio era occupato da una fitta folla. La scena è stata abbastanza umoristica, al di fuori di ogni ufficialità, ma ha contribuito a suscitare ancor più simpatia per il primo ministro.
Alla fine, Sharaf è riuscito a fare un breve discorso, preceduto da un saluto per i martiri della rivoluzione. Sharaf non ha giurato davanti alla folla come qualcuno aveva preannunciato, ma ha detto che la leggittimità del suo ruolo dipende interamente dalla piazza e che, se non riuscirà a soddisfare le sue aspettive, tornerà in piazza anche lui. Le centinaia di migliaia di persone lì riunite hanno applaudito e urlato di gioia. Tuttavia, nonostante l’ottimismo, i giovani hanno già chiarito di non voler firmare a Sharaf nessun assegno in bianco e di essere pronti, come sempre, a vigilare. Intanto, però, hanno deciso di sospendere le manifestazioni per due settimane e vedere, nel frattempo, come si muove il nuovo governo.
Tutt’altro clima si è respirato oggi ad Alessandria, che mi sembra stia diventando una città più problematica rispetto al Cairo. Dopo la consueta preghiera del venerdì, infatti, ci sono stati degli scontri. I manifestanti hanno tentato di fare irruzione nell’edificio delle forze di sicurezza, tristemente noto per le centinaia di persone che di lì sono passate e sono state torturate. Questi scontri seguono di un giorno il tentativo, purtroppo non riuscito, di impedire il trasferimento, da parte delle forze di sicurezza, di un grosso quantitativo di documenti, probabilmente molto compromettenti.
L’esercito, intanto, ha annunciato oggi che la data del referendum sugli emendamenti costituzionali sarà il prossimo 19 marzo, fra circa due settimane. I giudici, nel frattempo, fanno le loro mosse. Durante un incontro tenuto oggi al club dei giudici, è stato deciso di inviare una nota al Supremo Consiglio delle Forze Armate, nella quale si chiede la nomina dell’attuale Presidente della Corte di Cassazione, Adel Abdel Hamid, a ministro della giustizia, perché si possa affermare la visione di una magistratura indipendente. Il nostro amico giudice Hosam Mikawi ha quindi invitato a un successivo incontro per discutere gli emendamenti costituzionali proposti dalla commissione presieduta da Tareq al-Bishry, specie riguardo alla completa indipendenza della magistratura.
Per finire con una nota colorata, a lato della festa in piazza Tahrir si sono anche svolte alcune manifestazioni in sostegno dell’ex premier Shafiq. I giornali hanno riportato che uno striscione diceva: “Ti amiamo Shafiq, tu che indossi il pullover blu più bello!” Sì, perché Shafiq è diventato famoso per indossare sempre lo stesso pullover blu (vi ricorda qualcuno?), cosa che ha provocato l’ironia sfrenata dei giovani della piazza. Mi sa che quello striscione, se voleva essere d’aiuto a Shafiq, ha completamente fallito nel suo intento…
Essam Sharaf, oggi in piazza Tahrir
post-rivoluzione egiziana – giorno 22
l’Egitto, da ieri, è entrato in una fase cruciale. Stanno accadendo fatti importanti, eppure i giornali egiziani ne parlano poco, oppure offrono versioni degli eventi significativamente diverse da quelle dei testimoni. Al-Jazeera, dal canto suo, se ne è occupata brevemente, per poi tornare a concentrarsi sulla Libia. Ma andiamo con ordine, cominciando dall’inizio…
Dopo la festa di ieri in piazza Tahrir, alla presenza del nuovo primo ministro Essam Sharaf, che ha riconosciuto nelle persone lì riunite l’unica fonte di legittimità del suo incarico, si pensava che le acque si sarebbero calmate per un po’. Circolava la voce, poi smentita, che i manifestanti avessero promesso di sospendere le proteste per due settimane. Invece no, si è subito accesa un’altra battaglia.
Tutto è cominciato ad Alessandria, dove il giorno prima i manifestanti avevano assistito impotenti al trasferimento di montagne di documenti dalla sede locale delle forze di sicurezza nazionale, soprannominata da qualcuno “la Guantanamo egiziana”, a destinazione sconosciuta. Evidentemente, la cacciata di Shafiq è stata un duro colpo per le forze di sicurezza che, sentendosi scoperte, hanno cominciato a distruggere tutte le prove dei loro misfatti. I manifestanti non hanno potuto sopportare tutto ciò. Ieri sera, dunque, si è radunata una folla consistente davanti all’edificio per chiedere lo scioglimento delle forze di sicurezza e impedire la distruzione di ulteriori documenti, comprovanti le colpe degli odiati poliziotti speciali. Tra la folla c’erano molti familiari di persone ancora in carcere – chissà dove – e anche molti ex prigionieri che sono stati vittime di atroci torture proprio in quell’edificio. L’esercito, messo in allarme, è giunto sul posto per vigilare.
La situazione è precipitata quando gli agenti delle forze di sicurezza hanno cominciato a lanciare molotov sui manifestanti e a sparare proiettili veri. I manifestanti hanno risposto lanciando pietre e si sono intestarditi ancora di più a farla finita con le forze di sicurezza. A quel punto, l’esercito è intervenuto irrompendo nell’edificio ed è iniziata una battaglia con gli agenti della sicurezza asserragliati all’interno. L’esercito ha promesso che avrebbe arrestato tutti gli agenti che avevano sparato e pare che, in effetti, siano avvenuti degli arresti. I manifestanti, nel momento in cui l’esercito ha fatto irruzione, sono entrati nell’edificio dietro di loro per salvare i preziosi documenti, nei quali potevano anche essere indicati i luoghi segreti di detenzione di molti prigionieri politici ancora dispersi. Inoltre, c’era la possibilità che alcuni di questi prigionieri fossero proprio lì, al piano interrato, in celle ben dissimulate. Quando i manifestanti sono entrati nell’edificio, però, hanno scoperto che molti documenti erano stati bruciati o passati al trita-documenti.
L’azione dei manifestanti di Alessandria, naturalmente, ha aperto la strada per altre azioni del genere al Cairo e in altre città. Oggi sono in corso sit-in di fronte a varie sedi delle forze di sicurezza, che probabilmente andranno avanti tutta la notte, anche perché, dopo i fatti di Alessandria, la sicurezza nazionale si è affrettata a fare piazza pulita di ogni documento compromettente, in ogni parte del paese. I giovani vogliono impedirlo e adesso sembrano ben decisi a eliminare, una volta per tutte, le odiatissime forze di sicurezza. La rabbia degli egiziani nei loro confronti non ha limiti, dopo l’umiliazione e la violenza subita per decenni, per mano di questa “banda di torturatori e violentatori, figli di cane e maiali”, tanto per usare i nomi più teneri con cui vengono chiamati. Il prossimo obiettivo dichiarato di questa fase della rivoluzione, dunque, sembra essere la fine delle forze di sicurezza. Vedremo se e come ci riusciranno.
Le informazioni che ho riassunto qui sopra, tuttavia, provengono interamente dalle testimonianze di decine di persone via Twitter, che ho seguito fino a tarda sera. Da Twitter provengono anche le foto dei fatti di Alessandria che vi allego. Sui giornali egiziani, invece, ho trovato poco di tutto questo finora, solo un breve resoconto che spiega come i manifestanti di Alessandria abbiano attaccato la sede delle forze di sicurezza, ma siano stati dispersi dall’esercito che ha riportato la calma. Non si parla della battaglia dell’esercito contro le forze di sicurezza in difesa dei manifestanti, né della collaborazione con loro per recuperare i documenti. Da Twitter si ha l’impressione che la rivoluzione stia subendo una nuova importante accelerazione, affrontando uno dei nodi più duri, mentre dai giornali sembra che le cose procedano senza grandi scossoni. Continuerò a seguire l’evoluzione degli avvenimenti.
I giudici, intanto, si preparano al prossimo referendum. Hanno chiesto aiuto ai giovani della rivoluzione, domandando loro di formare dei gruppi per proteggere i seggi e i giudici che controlleranno il regolare svolgimento delle elezioni. Evidentemente temono attacchi da parte dei baltagheya, che già nell’era Mubarak decidevano delle sorti delle elezioni. Sulla polizia non si può contare, dato che ancora non si decide a tornare in strada a fare il suo lavoro. Alcuni cominciano a pensare che non si tratti di paura da parte loro (avrebbero paura dei manifestanti!), ma di insubordinazione bella e buona. La polizia, un milione e duecentomila elementi, dunque ben più numerosa dei militari dell’esercito, è un’altra spina nel fianco della rivoluzione a cui si dovrà pensare.
post-rivoluzione egiziana – giorno 23
anche la sede delle forze di sicurezza nazionale di Nasr City (vicino al Cairo) è caduta. Ieri pomeriggio, verso le quattro, hanno cominciato a radunarsi davanti all’edificio alcune centinaia di manifestanti, dimostrando pacificamente. Anche l’esercito era là, a monitorare la situazione. L’edificio sembrava sgombro, ma nessuno si fidava. Verso le sette di sera, quando i manifestanti erano ormai diventati alcune migliaia, sono riusciti a fare irruzione. Le comunicazioni tra i giovani, come sempre, sono avvenute tramite telefonino e Twitter, così anch’io ho potuto seguire le operazioni in diretta. Semplici messaggi del tipo: “Io sono qua, venite, c’è bisogno di più gente”. E la gente è accorsa.
I ragazzi, seguiti dall’esercito che tentava di fermarli, si sono lanciati alla ricerca di documenti e di prigionieri. Trovare le celle non è stato facile, ma alla fine ci sono riusciti, anche grazie all’aiuto di qualcuno che lì c’era già stato, ma da prigioniero. Hanno trovato molti documenti, tuttavia la maggior parte era già stata fatta a brandelli in fretta e furia. Altri documenti, invece, sono stati trovati a bordo di camion della spazzatura che i manifestanti hanno prontamente bloccato. Nessun prigioniero è stato trovato, solo qualche sparuto poliziotto, preso in consegna dall’esercito.
I giovani hanno cominciato a esplorare ogni angolo, scoprendo sia le stanze degli orrori, con le apparecchiature per la tortura, sia le stanze dei capi, con numerosi lampadari di cristallo e lussuosità varie di pessimo gusto. La sede delle forze di sicurezza era una vera e propria cittadella, piena di meandri. I ragazzi hanno perlustrato tutto, per ore. Infine, hanno chiamato la Procura, perché venisse a prendere i documenti e a metterli al sicuro. I rappresentanti della Procura sono prontamente arrivati e hanno chiesto ad alcune centinaia di giovani di restare a proteggere il posto, mentre loro finivano di raccogliere i documenti. Ci vorranno mesi per analizzarli tutti…
L’irruzione di ieri nella sede delle forze di sicurezza di Nasr City è stato un momento liberatorio. Tra i presenti c’erano tantissimi blogger e attivisti politici che in anni passati sono stati incarcerati in quel posto, o in posti simili. Alcuni sono stati presi da una sorta di euforia rabbiosa. Tra le lacrime e la gioia, qualcuno voleva rivedere il posto dove era stato torturato. Tanti ripetevano “non ci posso credere, non ci posso credere, è un sogno!”. Lì riunita c’era una fetta rappresentativa della gioventù egiziana, che il vecchio regime ha sistematicamente umiliato e torturato per anni. In nessun paese ho mai incontrato così tante persone che dicono di essere state, almeno una volta, in prigione. Difficile incontrare un artista, un intellettuale, un giornalista che non abbia fatto questa esperienza. Non parliamo poi dei militanti politici o dei difensori dei diritti umani. E per ognuno di loro, in quegli uffici in cui i giovani stanno facendo irruzione giorno dopo giorno, c’è sicuramente un fascicolo ben nutrito. Si faceva molta ironia ieri su questo. I ragazzi si scambiavano messaggi chiedendosi l’un l’altro di cercare il proprio fascicolo, per leggere finalmente cosa ci fosse scritto.
Oggi, nemmeno più i giornali egiziani hanno potuto ignorare quanto sta accadendo, cioè la fine delle forze di sicurezza. Alcuni hanno cominciato a pubblicare i documenti trovati, ma l’esercito è intervenuto prontamente chiedendo a tutti di consegnare i documenti alla procura senza renderli noti, perché ne va della sicurezza nazionale. In effetti, è probabile che ci siano molti documenti esplosivi tra quelli trovati, per esempio sulla vendita sottocosto del gas a Israele, perciò si capisce perché non si voglia divulgarli in maniera incosciente. Ma si capisce anche il desiderio delle persone di sapere tutto, di conoscere quei segreti di stato e quelle verità nascoste, serviti ad opprimerli per tanti anni. C’è la speranza di poter finalmente svelare il gioco del potere di decenni.
Comunque, sarà difficile contenere la fuga di informazioni. I tantissimi giovani che hanno recuperato i documenti non sono mica stupidi. Li hanno sicuramente fotografati con i cellulari (le foto circolano già su internet) o ne hanno fatto delle copie prima di consegnarli. Questo, del resto, è persino il consiglio che danno i nostri amici giudici! Visto l’esperienza passata, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, nemmeno della Procura.
Ma un altro pericolo da non sottovalutare è che le forze di sicurezza abbiano intenzionalmente lasciato nei propri uffici dei documenti falsi per creare disordini. Sono in molti a dire che non cadranno senza combattere. Anzi, alcuni predicono persino l’inizio di una strategia della tensione, con bombe, attentati e rapimenti. Guarda caso oggi c’è stato un primo allarme bomba in un ministero… C’è da stare molto attenti con le forze di sicurezza.
La cosa che mi fa infuriare è che di tutto questo panorama complesso i mass media italiani hanno riportato solamente la notizia di una faida tra copti e musulmani, in un paese della provincia di Helwan, non lontano dal Cairo, sfociata nell’incendio di una chiesa. Fonte della notizia: le forze di sicurezza nazionale. Quelle stesse che, come si sta chiarendo, avevano tra i loro obiettivi primari il mantenimento del conflitto religioso. Ma i mass media italiani non sono interessati ad approfondire le notizie, riportano soltanto quel che la maggioranza della gente di qua vuol sentire, per rassicurare i propri pregiudizi. A nulla serve che i giovani egiziani, cristiani e musulmani, si mostrino uniti nella lotta. Possono provarle tutte, ma il primo, anche minimo, episodio di intolleranza religiosa oscurerà del tutto la quotidiana convivenza civile di milioni di persone di religione diversa. In fondo, quel che a noi interessa è sapere se la Libia ci darà ancora il gas e se sarà ancora possibile fare vacanze low cost a Sharm el Sheykh (ebbene sì, ho visto servizi tv su questo tono!), oppure ci si accoda dietro le paure di Israele. E’ veramente sconfortante.
Ma non bisogna arrendersi. Ci mancherebbe, dopo quello che sono riusciti a fare i giovani egiziani, per non parlare dei tunisini e di tutti gli altri giovani arabi che ci stanno ancora provando. Pertanto, per lasciare un’immagine positiva, vi allego una bella foto che mostra i musulmani in preghiera, circondati da cristiani che li difendono. Come lo so? Il ragazzo in primo piano, se guardate bene, ha una croce tatuata sul polso, la croce che tutti i copti d’Egitto portano su di sé, come segno della propria cristianità.
La seconda foto in allegato mostra quel che resta dei documenti distrutti dalle forze di sicurezza. Vi allego anche un video dal giornale al-Masry al-Youm sui fatti di ieri, con sottotitoli in inglese:
http://www.almasryalyoum.com/node/340679
Qui invece trovate una foto degli strumenti di tortura delle forze di sicurezza:
http://www.facebook.com/photo.php?pid=216218&id=122752104463677
e un’altra delle celle trovate a Nasr City:
Un abbraccio a tutti,
Elisa