Appello Libia
La Libia sta sprofondando in una paurosa guerra civile. La dittatura di Gheddafi, che dura da 41 anni, sta mostrando il suo vero volto, disumano è feroce. “I manifestanti sono ratti,-ha detto il rais, nel suo discorso televisivo del 21 febbraio-pagati dai servizi stranieri. Una vergogna per le loro famiglie e le loro tribù. Andate a sterminarli!” Invitava cosi i suoi soldati , i suoi fedeli e le migliaia di mercenari africani a sterminare i ‘rivoltosi’. Si parla ormai di oltre diecimila persone massacrate in questa tragica repressione ordinata da uno dei più spietati dittatori d’ Africa. Eppure i manifestanti libici chiedono solo pane, dignità e democrazia (seguendo l’esempio dei tunisini e poi degli egiziani).
Infatti, nonostante le immense ricchezze finanziarie derivanti dal petrolio, la disoccupazione giovanile e arrivata al 30% Si stima che 70 miliardi di dollari siano finiti nelle tasche del dittatore, di cui 1,1 miliardo sonò investiti nella nostra banca Unicredit. Un abisso tra pochi ricchissimi e moti poveri. Per di più, il popolo libico non ha mai sperimentato la democrazia, nonostante il linguaggio rivoluzionario e populista di Gheddafi e del suo “Libro Verde”.
La consèguenza è tragica: la Libia ,oggi, invece che ‘verde’ è diventata ‘rossa’ con il sangue dei suoi figli massacrati.
Davanti a questa tragedia noi italiani dobbiamo chiederci quali siano le nostre responsabilità. Noi siamo profondamente legati alla Libia sia perché siamo quasi vicini di casa, sia perché abbiamo colonizzato quel paese. Un colonialismo brutale il nostro, soprattutto in Cirenaica dove Omar-el-Mukhtar (“il leone del deserto”), ha guidato la resistenza contro il nostro esercito. Non possiamo dimenticare che noi italiani abbiamo impiccato o fucilato, in quel periodo, almeno 100 000 libici su una popolazione di 900 000 abitanti un vero e proprio genocidio! Quando Gheddafi sali al potere, pretese che l’Italia pagasse quél debito coloniale. Fu il governo Berlusconi a pagarlo: 5miliardi di euro con la condizione che la Libia bloccasse l’immigrazione africana. Il 5 gennaio 2009 il Senato italiano ha approvato il trattato di amicizia italo-libico. Come ha potuto l’Italia firmare un trattato con un dittatore come Gheddafi che non rispetta i diritti umani? Basterebbe vedere quello che Gheddafi ha fatto agli immigrati respinti dall’Italia e da lui rimandati poi a morire o nel deserto o nei loro paesi.
Adesso il nostro paese si trova a fronteggiare una duplice invasione sia degli immigrati africani intrappolati in Libia che tentano di nuovo la traversata sia dei profughi libici che scappano dalla loro patria in fiamme. E del loro inferno siamo in parte responsabili perché abbiamo armato fino ai denti il rais libico. Difatti, molti degli elicotteri che sono stati usati per uccidere i manifestanti sono stati importati dall’Italia. Nel 2009 le esportazioni belliche italiane in Libia hanno raggiunto una cifra incredibile: 112 milioni di euro. Nei due anni 2008-2009, abbiamo esportato in Libia armi per oltre 205 milioni di euro, con la Finmeccanica che ha fatto la parte del leone (ricordiamoci che la Libia è diventata la seconda azionista della Finmeccanica).
Per questo chiediamo:
accoglienza per tutti quelli che fuggono da questa guerra;
– di fare pressione sul nostro governo affinché sospenda il trattato di amicizia italo-libica;
– di sospendere la vendita di armi alla Libia e a tutti i paesi del Nord-Africa (come già proposto dai governi inglese, francese e tedesco);
– che la UE non eriga un muro di navi militari in mezzo al mare per bloccare gli immigrati in arrivo;
– che il nostro governo e la UE si prodighino a far sì che in Libia possa finalmente trionfare la democrazia, il rispetto dei diritti umani e la pace.
Napoli, 24/02/2011
Alex Zanotelli
Come altre volte d’accordo con Padre Zanotelli. Solo due osservazioni.
La prima la Chiesa non ha niente da dire e proporre oltre alle affermazioni di principio.
La seconda. Se la Libia da verde sta diventando rossa possiamo solo dire ” che il governo italiano si adopri…..” o bisognebbe fare qualche cosa di più ? Su quel di più devono naturalmente decidere i libici anti Gheddafi. Il dibattito ( il dibattito no ! diceva G. Moretti ! )che sta prendendo piede
invece si lancia sul piano dei grandi principi, delle antipatie politiche e sulla scarsa conoscenza dei fatti. Conoscenza che non pretendo d’avere pur interessandomi di Nord Africa da precchio tempo. Non vorrei però che ci trovassimo di fronte ad un altro caso di omissione di soccorso.
Saluti fraterni
Toni Ferigo