) Una Radiografia Dettagliata Sulla Presenza Romena In Italia
ROMA (Migranti-press 25) – Un quadro completo della realtà dei romeni in Italia descritta “senza pregiudizi” e arricchita con apporti di natura storica, giuridica, sociale, politica e religiosa. E’ l’obiettivo del volume “Romania. Immigrazione e lavoro in Italia”, voluto dalla Caritas Italiana e presentato nei giorni scorsi a Roma. All’inizio del 2007, su un totale di 3.690.000 stranieri regolari in Italia i rumeni erano 556.000, secondo la stima del Dossier Immigrazione Caritas-Migrantes. La stima, aggiornata all’inizio del 2008, basata sull’utilizzo di tutti gli archivi disponibili, ipotizza la presenza di 1.016.000 romeni, concentrati soprattutto nel Lazio, Lombardia e Piemonte. Una presenza “consistente e diffusa” che ha generato una specie di “sindrome di invasione”, eventualità “improbabile trattandosi di un paese caratterizzato dall’invecchiamento della popolazione, dal buon andamento economico e dal forte bisogno di trattenere forza lavoro aggiuntiva”. La Romania (21,5 milioni di abitanti) ha un forte tasso di crescita annuale (mai al di sotto del 5% a partire dal 2000 e pari al 6% nell’ultimo anno), mentre il tasso di disoccupazione è contenuto (4,3%): agevolata dall’ingresso nell’UE, “ha beneficiato del fatto di essere un paese dal lavoro a basso costo”. All’inizio del 2006 erano più di 1 milione i romeni in età da lavoro che si trovavano nell’UE, con i maggiori insediamenti in Spagna e in Italia: due anni dopo questi paesi rimangono ancora i poli principali, mentre il numero dei romeni è salito a circa due milioni.
Molti emigrati romeni, dalle risposte date in alcune indagini pubblicate nel volume, sarebbero disposti a ritornare in patria a determinate condizioni economiche; e in effetti non mancano quelli che tornano con un accresciuto bagaglio professionale. Aumentano, però, quelli che si insediano in Europa occidentale e il ritorno, specialmente per quanto riguarda chi si è insediato in Italia, è tutt’altro che scontato, almeno a breve termine. Ma quali sono le principali situazioni di discriminazione che caratterizzano i rumeni in Italia? Secondo l’Unar (che ha collaborato alla ricerca) la diffusione di “un’informazione tendenziosa sui fatti nei quali sono coinvolti i romeni”; lo “sfruttamento sul luogo di lavoro, specialmente nel settore edile, primato dei romeni negli infortuni mortali e molestie sessuali subite dalle donne durante l’accudimento” e il “perseguimento della sicurezza pubblica con atteggiamenti spesso intimidatori, come emerso durante i controlli effettuati sul territorio”. Un capitolo del volume è dedicato al tema dei rom che “oltre a vivere in situazione di povertà ed emarginazione, sono svantaggiati per l’alloggio, i servizi sociali, l’occupazione, l’istruzione e oggetto di notevoli pregiudizi che li inquadrano come approfittatori, malviventi o vagabondi: essi, non di rado invisi anche in patria, costituiscono una questione specifica all’interno della questione dei romeni”. Significativa nella popolazione rumena è anche la dimensione religiosa: per loro “non esiste – spiegano i ricercatori – una netta separazione tra sacro e profano”. Per esempio festeggiano il compleanno in chiesa: la chiesa, infatti, funge da centro di incontro e di solidarietà.
“Nel futuro l’Italia senz’altro continuerà ad essere un grande paese di immigrazione, ma tutto lascia intendere – si legge nella ricerca della Caritas, coordinata da Franco Pittau – che anche la Romania subirà una profonda trasformazione in tal senso”. Nel passato, infatti, è stata un paese di immigrazione. Tra la fine dell’‘800 e la seconda guerra mondiale vi si trasferirono 130.000 italiani. Italia e Romania sono due paesi “meno distanti di quanto si creda, tanto più che una significativa presenza lavorativa romena è insediata in Italia e una significativa presenza imprenditoriale italiana opera in Romania. La reciproca integrazione sta nella logica dei fatti, solo che bisogna rendersi conto che essa non si raggiunge per decreto legge. La collettività romena in Italia ha avuto anche i suoi aspetti problematici, ma è tempo di considerarla nella sua sostanza più valida, che è di sostegno al nostro sviluppo e di legame tra i due paesi”.