post-rivoluzione egiziana – giorno 50, 51
di Elisa Ferrero
giorno 50
Cari amici e amiche,
ancora non si spengono gli echi della giornata di ieri, in piazza Tahrir. Un prima conseguenza delle proteste, forse, è la dichiarazione odierna del Procuratore Generale, il quale ha affermato di essere pronto a convocare in tribunale Mubarak e la sua famiglia, oltre agli altri esponenti del PND sotto accusa, non appena riceverà i risultati delle indagini su di loro. Sara’… Ma intanto i giovani della rivoluzione stanno già preparando un’altra manifestazione per venerdì prossimo, 8 aprile, dal titolo “il venerdì della giustizia”, oppure “il venerdì dell’insistenza” (l’inventiva abbonda).Anche Papa Shenouda ha qualche guaio giudiziario. Si tratta della questione della donna copta che si sarebbe convertita all’islam e che la chiesa terrebbe sequestrata da qualche parte. Non si sa se sia vero o no, tuttavia il giudice vuole vederci chiaro, pertanto ha inviato a Papa Shenouda un mandato di comparizione per il 19 aprile. Come recita uno slogan della rivoluzione, davvero “nessuno è al di sopra della legge”! Vedremo come si comporterà adesso Papa Shenouda.
I salafiti, intanto, hanno ricevuto condanne unanimi da parte di tutte le autorità islamiche, dal mufti della Repubblica ai sufi. Il motivo è l’opera di distruzione di alcuni mausolei, all’interno di diverse moscheee del paese, che hanno intrapreso la settimana scorsa. I sufi hanno addirittura accusato il Ministero delle Fondazioni Islamiche di connivenza con i salafiti, perché le moschee sono state lasciate completamente sguarnite durante gli attacchi. Di oggi, invece, è la notizia che i salafiti sarebbero in favore del taglio della mano per i ladri e della fustigazione per gli adulteri. Che dire… Chi conosce l’Egitto sa quanto queste affermazioni stridano con la realtà del paese, tuttavia speriamo che questi gruppuscoli estremisti siano bloccati subito e non strumentalizzati come in passato, perché comunque possono fare molto male.
Nei Fratelli Musulmani, invece, le defezioni aumentano. Due leader importanti hanno lasciato il movimento: Ibrahim al-Zaafrani, membro della Shura della Fratellanza, e Abdel Moneim Abul Futuh, che già aveva annunciato una volta le dimissioni, poi smentite e infine riconfermate.
I candidati alla Presidenza, nel frattempo, vanno a caccia di sostenitori. El Baradei ha dichiarato di essere disponibile, in caso di vittoria, a lasciar entrare nel governo anche i Fratelli Musulmani. Al tempo stesso, si è detto pronto a nominare dei copti nelle mukhabarat, i servizi segreti egiziani. Secondo lui, tuttavia, l’80% della popolazione non è preparata alla democrazia e dunque le prossime elezioni non consentiranno a tutte le forze politiche di essere rappresentate in Parlamento. Temo che un’affermazione del genere non gli attirerà voti. Tanto per cominciare, El Baradei è visto un po’ come uno “straniero”, dato che ha passato più tempo all’estero che in patria, e frasi di questo genere potrebbero servire ad attribuirgli ulteriormente un senso di superiorità controproducente.
Ma mentre El Baradei incassa l’appoggio dei Fratelli Musulmani, Amr Musa ottiene quello delle tribù beduine. El-Bastawisi, dal canto suo, dà prova di moderatezza, annunciando che, se diventerà Presidente, non annullerà il trattato di Camp David. La campagna elettorale è già cominciata con sei o sette mesi di anticipo.
La notizia del giorno, tuttavia, è la decisione delle forze armate di inasprire le pene per la violenza sessuale, fino alla condanna a morte. Le autorità islamiche hanno già dichiarato che la decisione è in perfetto accordo con la sharia. Il dibattito sulle violenze sulle donne, in realtà, è in corso da tempo in Egitto, ma non è mai emerso con forza alla luce del sole. Se non altro, questa decisione dell’esercito servirà a farne parlare di più.
giorno 51
mentre sto scrivendo, è in corso l’ennesimo mistero egiziano: dov’è Mubarak? Circa un’ora fa, infatti, al-Jazeera ha diffuso la notizia che l’ex presidente stesse dirigendosi in Germania, suggerendo una fuga da parte sua. Poi, quando già c’era chi gridava al tradimento delle forze armate (dato che a Mubarak e famiglia è stato proibito di lasciare il paese, nella speranza di processarli tutti) e chi invece tirava un sospiro di sollievo, perché la permanenza di Mubarak sul territorio egiziano non è comunque rassicurante, è giunta prontamente la smentita dell’esercito, attraverso la radio di stato. Nulla di fatto, dunque. Eppure, la smentita non ha affatto rassicurato gli animi. Il “popolo di internet” si è subito detto convinto che, in realtà, il divieto di lasciare il paese per la famiglia Mubarak sia solo un provvedimento di facciata, un contentino che l’esercito ha dato al popolo per evitare disordini. Sono in molti a credere che Mubarak abbia conservato la libertà di andare e venire dall’Egitto in segreto, come più gli aggrada. L’efficientissima rete di Twitter (nella quale, solo poco tempo fa, non avrei mai pensato di essere coinvolta!) si è subito messa in moto, alla ricerca di notizie certe. Il Frequency Monitor Center olandese ha confermato che, effettivamente, un aereo Gulfstream dell’Egypt Air Force è atterrato nella Germania dell’Ovest (Mubarak, in passato, era stato a Heidelberg per un’operazione delicata), dopo aver sorvolato l’Italia. Non si sa se l’ex presidente fosse a bordo, pertanto è subito partito l’appello a scovare Mubarak in Germania e a fotografarlo. Se qualcuno ci riuscisse, sarebbe un bruttissimo colpo per le forze armate egiziane.
Ieri, tuttavia, è stato un altro evento a scuotere l’Egitto, questa volta in ambito sportivo, se così si può dire. Infatti, ieri sera si è tenuta una partita di calcio tra lo Zamalek, squadra egiziana, e l’Afriqi, squadra tunisina. Era una partita del girone di ritorno del campionato africano e sarebbe dovuta essere un’occasione di festa, per celebrare la solidarietà tra i due popoli, dopo le rispettive rivoluzioni. Invece, a tre minuti dalla fine, l’arbitro algerino annulla il terzo gol al Zamalek, che stava vincendo 2 a 1. I tifosi della squadra egiziana, allora, irrompono a migliaia nel campo di calcio, attaccando l’arbitro e i giocatori, incluso quelli egiziani. Diversi i feriti e moltissimi i danni, tanto che è dovuta intervenire la polizia militare. Le due squadre sono state portate via dallo stadio a bordo di blindati. Questo episodio, il primo di questo genere in Egitto, ha letteralmente scioccato l’opinione pubblica egiziana. “Siamo stati uniti nella rivoluzione” – ha commentato qualcuno – “ed ora il calcio ci divide?”. Ma, come al solito in Egitto di questi tempi, l’evento si colora di mistero, perché le 22 persone arrestate in seguito alle violenze sono risultate essere dei teppisti, già colpevoli, in passato, di risse e aggressioni. Ci sono di nuovo i baltagheya, allora, dietro le violenze nello stadio del Cairo? In effetti, la reazione dei tifosi del Zamalek, che dopotutto stava vincendo, appare molto strana. E perché poi attaccare anche i propri giocatori? Chi lo sa… Il fatto certo è che la Tunisia ha ricevuto scuse ufficiali e il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha istituito una commissione d’inchiesta per accertare i fatti. La gente, invece, ha spontaneamente organizzato una manifestazione di solidarietà (e di scuse) davanti all’ambasciata tunisina, che si sta svolgendo in questo momento. Non si può dire che ci si annoi in Egitto in questo periodo.
Sul versante politico, invece, sorge un nuovo partito di ispirazione liberale. Si tratta del partito degli Egiziani Liberi, fondato dal magnate Naguib Sawiris. In realtà, il partito avrebbe dovuto chiamarsi “I Fratelli Egiziani”, tuttavia si è cambiato il nome per evitare conflitti con i Fratelli Musulmani. Sia quel che sia, alla base del programma del nuovo partito ci sarà la rinascita economica e sociale del paese, oltre che la netta separazione dei poteri e l’indipendenza della magistratura. Papa Shenouda, dal canto suo, vuol dare il proprio contributo alla risoluzione del conflitto sulle acque del Nilo, avviando un dialogo con la chiesa copta d’Etiopia. La speranza è che le due chiese sorelle possano agire da mediatrici. La notizia negativa di oggi, invece, è l’ennesimo rinvio del processo dell’ex ministro degli interni Habib al-Adly. L’ha scampata ancora una volta, ma solo fino a domani, se non si avrà nessun altro rinvio. I giovani, comunque, confermano l’appuntamento di venerdì prossimo in piazza Tahrir, per il “giorno della giustizia”, o “dell’insistenza”, oppure ancora (nome nuovo, fresco fresco di oggi) “della legalità”. Il significato, comunque, è sempre lo stesso: la richiesta di processare tutti i corrotti del vecchio regime. Un post sulla pagina Facebook di “Siamo tutti Khaled Said” esprime benissimo il concetto: “Sono stati rubati decine di miliardi e un terzo degli egiziani non ha da mangiare… Decine di milioni di metri quadrati di terre sono stati distribuiti come regali ai corrotti e un quarto dei giovani egiziani non riesce a trovare un appartamento di 100 metri per sposarsi… Milioni di lire egiziane sono state spese per comprare migliaia di funzionari di ministeri diversi e un terzo di giovani egiziani non trova un posto di lavoro… Dopo la nostra rivoluzione, sono state processate meno di dieci persone tra i rappresentanti del vecchio regime, e tra di loro non c’è nessuno della vecchia combriccola… Perché?”
Cari saluti a tutti,
p.s. nella foto allegata c’è scritto “Non mi pento!”, sottinteso della rivoluzione, ovviamente.