“Permesso umanitario, ma per fare cosa?”. Le proteste dei “Tunisini di Lampedusa” a Ventimiglia e Parigi.
Fonte: www.meltingpot.org
di Simone Savona
A partire dal 2 maggio, un centinaio di migranti tunisini bloccati ormai da giorni a Ventimiglia hanno proclamato uno sciopero della fame a oltranza e occupato uno spazio della stazione gridando slogan e issando cartelli e striscioni, per rompere il muro di indifferenza e protestare contro la condizione precaria e affatto dignitosa alla quale le politiche della Fortezza Europa li stanno costringendo.
Anche le reti solidali italiane e francesi (il Comitato Antirazzista Imperiese, il Collectif Welcome, gli abitanti della Valle del Roya) che da qualche giorno fornivano un pasto giornaliero ai migranti ospitati in stazione, vista la raggiunta capienza massima del centro di accoglienza, hanno sospeso il servizio, e alcuni si sono aggregati all’estrema forma di protesta. La speranza è quella di vedere al più presto soddisfatte le richieste dei ragazzi tunisini, già in precarie condizioni di salute dopo le peripezie vissute negli ultimi mesi.
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari rilasciato dal governo italiano in maniera fortemente discriminatoria, basando la concessione su un criterio arbitrario come la data d’arrivo sulle coste italiane, si sta dimostrando carta straccia, un bluff elettorale giocato sulla pelle dei migranti. Non solo questo permesso non conferisce alcun diritto a trovare un lavoro in regola nel nostro paese, ma esso si sta rivelando inservibile anche per assicurare il diritto di circolazione nello spazio europeo, nel garantire la libertà di scegliere dove andare e dove stabilirsi.
Nonostante i proclami e le rassicurazioni del ministro Maroni, il governo francese opera un quasi sistematico respingimento in Italia dei migranti, magari dopo qualche giorno di soggiorno obbligato in un Centre de Rétention Administrative (CRA). Come testimoniano alcune organizzazioni di tutela dei diritti dei migranti (www.anafe.org), in Francia nelle ultime due settimane si è assistito a una moltiplicazione dei controlli frontalieri arbitrari, effettuati in maniera manifestamente discriminatoria nei confronti di quanti hanno tratti somatici maghrebini. Le stazioni ferroviarie del sud francese (Mentone, Nizza, Cannes, Marsiglia) sono fortemente militarizzate, e i tunisini intercettati vengono regolarmente arrestati, spesso indipendentemente dai documenti o dal denaro posseduto.
Malgrado lo sforzo di Forum Réfugiés e delle reti di avvocati solidali, soltanto a Marsiglia si è riusciti in alcuni casi a pervenire alla loro messa in libertà. Al CRA di Nizza, città il cui sindaco ripete quotidianamente su tutti i giornali che nessun tunisino sarà accolto e dove si è da poco insediato un nuovo prefetto per dare massima applicazione a questa linea, dal 19 aprile alla fine del mese sono stati rinchiusi 99 tunisini muniti del permesso umanitario italiano; di questi, 77 sono stati rispediti a Ventimiglia, e i restanti sono ancora reclusi.
Le buone notizie giungono da Parigi, dove oltre 200 persone sfuggite alle retate di queste settimane hanno deciso di organizzarsi e di prendersi parte di ciò che gli spetta. Dalla notte del primo maggio il collettivo “Tunisiens de Lampedusa à Paris”, con il supporto della Coordination des Intermittents et Précaires, occupa un immobile vuoto di proprietà municipale, chiedendo che venga loro concesso uno spazio nel quale stare e potersi organizzare, e un documento per poter circolare e poter vivere liberamente e con dignità. Alle minacce di sgombero della polizia, i tunisini hanno risposto barricandosi all’interno dell’edificio e facendo appello alla cittadinanza parigina a solidarizzare con la protesta.
Un primo risultato di certo è già stato raggiunto dagli occupanti: la stampa e l’opinione pubblica francese hanno finalmente dovuto fare i conti con la presenza dei “Tunisini di Lampedusa”, squarciando il velo di silenzio che li voleva rendere esseri umani privi di un qualsiasi status giuridico, con diritti indefiniti e vite appese agli arbitri delle autorità. La stessa invisibilità che si prospetta ai migranti che sono stati rimandati in Italia o che hanno deciso direttamente di fermarsi, oggi sempre più dispersi nei tanti ricoveri di fortuna allestiti lungo tutto il paese dalle reti solidali italiane che tentano di sopperire al menefreghismo del governo di fronte al dovere di accoglienza e all’occultamento del problema da parte dei media mainstream.
Occorre restituire protagonismo ai figli delle rivoluzioni arabe “della dignità”, supportarli per mantenere attive le reti di comunicazione ed aprire loro spazi politici attraverso cui conquistare i diritti e la libertà che gli spettano. A partire dallo sciopero generale del 6 maggio.
Di seguito il comunicato del collettivo “Tunisiens de Lampedusa à Paris”:
Ne polizia ne carità, un luogo per organizzarsi
Comunicato dei Tunisini occupanti Avenue Simon Bolivar 51
Il Collettivo di Tunisini di Lampedusa a Parigi occupa da questo primo maggio l’immobile appartenente al Municipio di Parigi, situato in Avenue Simon Bolivar 51, nel distretto 19.
Il sindaco di Parigi ha più volte espresso il proprio sostegno ai tunisini recentemente arrivati a Parigi.
Noi viviamo all’aperto, passiamo da 24 a 36 ore senza chiudere occhio, abbiamo paura, abbiamo freddo, abbiamo fame e manchiamo di tutti i bisogni fondamentali della vita quotidiana. Malgrado queste condizioni difficili noi restiamo degni.
Il Collettivo di Tunisini di Lampedusa a Parigi chiede al sindaco di Parigi un luogo per tutti noi, per vivere insieme e per organizzarci.
Noi resteremo qui fin tanto che una soluzione soddisfacente non ci sarà proposta.
Vogliamo documenti per circolare e vivere liberamente!
Facciamo appello a tutti coloro che vogliono sostenerci a incontrarci davanti a Avenue Simon Bolivar 51 a partire da questa mattina lunedì 2 maggio, alle 6.
Contatto: collectifexclulampedusa@yahoo.fr