Donne, immigrate irregolari, sottoposte a discriminazioni multiple e che subiscono abusi di vario genere. È quanto emerge da uno studio dell’Agenzia Ue per i diritti fondamentali sui lavoratori domestici.
Fonte: www.immigrazioneoggi.it
L’indagine, svolta in 10 Paesi della Ue, segnala anche il numero esiguo di denunce all’autorità per timore di espulsioni.
Sono generalmente donne e vengono sottoposte a discriminazioni multiple, molte sono vittime di abusi di vario genere, in particolare a carattere sessuale. Sono alcune delle conclusioni che emergono dall’indagine svolta dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), Migrants in an irregular situation employed in domestic work: Fundamental rights challenges for the European Union and its Member States presentata ieri a Vienna.
Lo studio legge la situazione nei dieci Paesi dell’Ue dove è maggiore l’impiego di questo lavoro e suggerisce alcune soluzioni in relazione ai diritti fondamentali e alla condizione degli immigrati irregolari impiegati come lavoratori domestici.
La relazione si basa su colloqui approfonditi con lavoratori domestici, organizzazioni della società civile e sindacati attivi in dieci Stati membri dell’Ue (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Polonia, Spagna e Svezia) e si riferisce al godimento dei diritti fondamentali in cinque ambiti: condizioni di lavoro, licenziamento, libertà di associazione, meccanismi di risarcimento e vita familiare.
Ne è scaturito che solitamente il lavoro domestico svolto da dipendenti risulta regolato da norme giuridiche e sistemi di controllo in misura minore rispetto ad altre forme di impiego. Di norma, il lavoro domestico viene svolto da donne, spesso immigrate in situazione irregolare, sottoposte a forme discriminazione multipla, in quanto contemporaneamente vittime di abusi basati sul genere, violenze sessuali incluse, che si sovrappongono alla discriminazione razziale.
Non solo: di solito queste persone lavorano per molte ore e sono scarsamente retribuite. I periodi di riposo, le ferie e i congedi di malattia retribuiti spesso non vengono concessi, anche se previsti dalla legge.
Sono state segnalate varie malattie professionali di tipo fisico e mentale, aggravate dalla situazione di irregolarità. Infine, le persone che tentano di rivolgersi alla giustizia in seguito ad abusi o a sfruttamento devono affrontare vari ostacoli. “Esse sono scoraggiate dal farlo soprattutto perché temono che alcuni enti pubblici possano avvertire le autorità competenti in materia di immigrazione, che potrebbero provvedere alla loro espulsione”.
Il rapporto propone, come possibili soluzioni, l’introduzione di norme chiare che “impongano limiti ai pagamenti in natura; garantiscano che la retribuzione minima prevista dalla legislazione nazionale riguardi anche i lavoratori domestici; assicurino la pensione e il congedo di malattia; creino condizioni di lavoro sane e sicure, come previsto dalla convenzione dell’Oil adottata nel giugno del 2011”.
Viene inoltre proposta l’estensione della supervisione da parte delle autorità di ispezione del lavoro al lavoro domestico, nonché l’introduzione di programmi mirati di migrazione in base alla richiesta di lavoro domestico non soddisfatta dalla forza lavoro disponibile. “Questo garantirebbe a tali lavoratori uno status di immigrati regolari e la possibilità di usufruire di una maggiore protezione”.
Infine, “favorire il ricorso alla giustizia garantendo un supporto maggiore ai sindacati e alle organizzazioni non governative, dato il ruolo chiave che ricoprono nel fornire assistenza giuridica alle vittime di abusi e sfruttamento”.