Bologna, il Centro per la salute delle donne straniere: “Rispettiamo la cultura di ogni paziente”
In occasione del ventennale parlano le operatrici del centro. La mediatrice cinese Mingshang Lee: “Ognuno ha il suo concetto di salute, di allattamento o di alimentazione corretta: è lì che entriamo in azione noi mediatori”
BOLOGNA – È il 1991 quando inizia a crescere il numero di bambini immigrati nelle scuole. Alla visibilità dei bambini si accompagna l’invisibilità delle madri. All’interno del Servizio Materno Infantile della Usl 28 nasce il Centro per la salute delle donne straniere e dei loro bambini. Ad accogliere tanta diversità di esperienze e culture un’equipe di professioniste, dalla mediazione alla medicina. Oggi il centro, diretto da Maria Giovanna Caccialupi, compie 20 anni: negli ultimi 10 anni sono stati oltre 25 mila gli stranieri che si sono rivolti al servizio dove la transculturalità e l’impiego di mediatori linguistici e culturali accompagnano il lavoro delle operatrici del centro. “Per capire meglio i bisogni – spiega Caccialupi – è indispensabile il rispetto della cultura di ogni singolo paziente”. E sono proprio mediatrici e operatrici a parlare al convegno organizzato per il ventennale del centro, dove hanno raccontato le loro esperienze. Un esempio? Mingshang Lee, mediatrice cinese, racconta che durante il lavoro ha dovuto acquisire conoscenze specifiche, ad esempio in ambito ginecologico. “Ascoltare, rielaborare e consigliare: è questo il compito del mediatore linguistico – dice Lee – Le donne cinesi sono quelle con più difficoltà linguistiche, oltre a rappresentare una delle utenze più numerose, di queste ognuna ha un concetto diverso di salute, di allattamento o di alimentazione corretta”.
“Le donne vanno accolte singolarmente, e non solo per una questione di privacy, e ascoltate per tutto il tempo necessario – racconta Angela Pasturino, che da 11 anni lavora al centro come assistente sanitaria – È fondamentale individuare un percorso fatto su misura: bisogna essere consapevoli che ogni donna è portatrice di una complessità culturale propria”. I bisogni sono molteplici e vanno dalla ginecologia alla pediatria, ma non mancano le consulenze circa l’iscrizione al servizio sanitario nazionale o la ricerca di un lavoro. Lo scopo principale rimane l’educazione alla salute. “La cosa principale – prosegue Catia Brini, assistente sanitaria per il primo accesso – è capire se la madre ha percepito i bisogni sanitari del bambino. L’azione di un buon assistente sanitario si basa su una comunicazione semplice ed efficace, ascolto empatico e registrazione del non verbale”.
Le donne straniere in stato interessante rappresentano una fascia di popolazione fragile. Durante la gravidanza passano in media solo 3 visite. Il 50% di queste donne arriva alla prima visita durante la 14esima settimana di gravidanza mentre il 32% aspetta la 17esima per un 30% totale di donne con gravidanza a rischio. Tra queste un buon 10% ha alle spalle importanti problematiche sociali e sanitarie. “Il nostro fine è rendere le donne migranti autonome e responsabili – spiega l’ostetrica Giovanna Leonelli – le madri sono le prime a trasmettere al proprio figlio una cultura della salute e noi dobbiamo lavorare in questo senso”. Il centro rappresenta, inoltre, un validissimo punto di riferimento per il reparto di Neonatologia dell’Ospedale Maggiore dove su 90 bambini ricoverati in terapia intensiva neonatale 24 sono immigrati. “L’aumento preoccupante del numero dei piccoli ricoverati rendere urgente instaurare un rapporto fra i sanitari e la famiglia – spiega Monica Martelli, pediatra – cosa che accadrebbe con molta difficoltà senza l’intervento dei mediatori”. Il segreto? Ascoltare, capire e non giudicare.
fonte: www.redattoresociale.it