Approvato dal governo il ddl contro la prostituzione
Roma (Migranti-press 38) – I Ministri Mara Carfagna, Pari opportunità e Roberto Maroni, Interno l’11 settembre hanno presentato il disegno di legge “Misure contro la prostituzione”. Il testo prevede l’arresto da 5 a 15 giorni e un’ammenda da 200 a 3.000 euro sia per chi si prostituisce “in luogo pubblico o aperto al pubblico”, sia per chi “si avvale delle prestazioni sessuali”. Aggravanti sono previste per chi compie atti sessuali con minori. Ma c’è chi, come il Sindaco di Perugia, Renato Locchi, ha deciso di interdire, contro la prostituzione senza attendere l’approvazione del ddl. Dal 10 settembre infatti, nel Comune umbro sono previste pene più aspre per i clienti delle prostitute colti in flagranza lungo le strade. “L’amministrazione comunale – ha spiegato il Sindaco – ha deciso di lavorare per la sicurezza, con un’azione di contrasto capillare e costante. Abbiamo installato sistemi di video sorveglianza e abbiamo attivato un numero verde antitratta. Inoltre ci siamo costituiti, primo Comune in Italia, parte civile contro gli sfruttatori”.
Ma rendere reato la prostituzione non è, secondo il Gruppo Abele, la soluzione adatta. Anzi, si tratta di una scelta “assolutamente controproducente”, si legge in una nota dell’associazione fondata da don Ciotti. Per il Gruppo Abele non è la strada il luogo dove “si perpetrano le più gravi fattispecie criminose finalizzate allo sfruttamento sessuale”. È invece l’appartamento, la casa isolata, il circolo privato dove si può violare meglio chi è fragile e sfruttato. Sono questi i luoghi dove si trovano più minorenni e dove le donne sono più indifese. “È evidente – conclude il comunicato – che il disagio che la prostituzione e la tratta creano in alcune zone della città debba essere affrontato e gestito, ma senza scorciatoie illusorie o semplicemente spostando il problema da un luogo all’altro”.
Diverse associazioni sono concordi con questa presa di posizione del Gruppo Abele, oltre al quale hanno espresso “seria preoccupazione e fermo dissenso” – come riferisce il Sir (n. 61) – On the Road, Caritas Italiana, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), Save the Children. “Vietare la prostituzione in strada – affermano – significa spingere chi si prostituisce nel sommerso degli appartamenti, dove chi è sfruttato lo sarà ancora di più, invisibile per forze dell’ordine e operatori sociali”. A loro avviso questa norma “non è solo inefficace ma è innanzitutto controproducente”, visto che la prostituzione non è una questione di ordine pubblico ma una questione sociale. Inoltre il ddl non considera che chi si prostituisce non commette nessun reato contro terzi, anzi spesso li subisce. Il giro di vite che il governo ha varato – sottolineano – avvantaggia, di fatto gli sfruttatori e danneggia le vittime e i minori, perché l’articolo che prevede il rimpatrio dei minori dediti alla prostituzione sembra ignorare le norme internazionali. Nel documento sono contenute una serie di proposte, tra le quali l’applicazione reale e non a macchia di leopardo, della legge Merlin, la formazione di chi opera sul campo, la mediazione dei conflitti.
Don Fortunato Di Noto, Presidente dell’Associazione Meter, pur favorevole al ddl, lancia un avvertimento: “Stiamo attenti e vigili; la prostituzione si è spostata dalle strade ai marciapiedi virtuali dove il controllo diventa sempre più difficile perché molto più globale”.
Diversa la posizione di Paolo Ramonda, responsabile dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII: “Si tratta di una vera svolta culturale e legislativa che vede finalmente il cliente come la causa di un mercato vergognoso e drammatico della prostituzione schiavizzata, da punire”. Tutte le donne che vorranno uscire dallo sfruttamento della prostituzione – secondo Ramonda – potranno denunciare le organizzazioni criminali e i propri aguzzini, avendo lo Stato dalla propria parte”. (Patrizia Caiffa, Sir)
19/09/2008