Nosiglia visita i campi nomadi “Superare aggressività e rifiuto”
Il vescovo di Torino torna negli accampamenti abusivi e regolari in città: ” Siamo ancora in emergenza. Il Consiglio di stato sbocchi i fondi””
di DIEGO LONGHINN
La situazione dei campi nomadi a Torino resta di piena emergenza e per uscirne, oltre allo sblocco dei fondi ‘congelati’ dal Consiglio di Stato, si deve creare una rete di formatori all’interno degli insediamenti. E’ quanto ha detto l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, che, a distanza di un anno, ha visitato tre campi a Torino. “La situazione rimane difficile – commenta l’arcivescovo – passi avanti praticamente non ne sono stati compiuti. Per fare qualche progresso devono arrivare quei fondi europei (per Torino 5 milioni, ndr) bloccati dal Consiglio di Stato. Ma anche i rom devono fare la loro parte: una strada da seguire è quella che loro stessi individuino dei formatori all’interno delle comunità”. “Bisogna superare – ammonisce Nosiglia ricordando il recente assalto a un campo rom – l’aggressività e il rifiuto”.
LA VISITA DELL’ARCIVESCOVO – VIDEO
“Per contrastare il pregiudizio – continua mons.Nosiglia – occorre anche lavorare molto sul piano dell’educazione alla legalità, un aspetto tanto più importante in questi tempi di crisi che possono diventare
terreno fertile per la violenza e le frange estremiste”.
Nella visita ai campi, in corso Vercelli, via Germagnano e lungoStura Lazio, monsignor Nosiglia era accompagnato da sacerdoti della chiesa ortodossa, dagli assessori comunali Giuliana Tedesco, Enzo Lavolta ed Elide Tisi e dai responsabili delle associazioni Aizo e Terra del Fuoco. Il presidente di quest’ultima, Oliviero Alotto, ritiene che la via d’uscita sia “replicare l’esperienza fatta al ‘Dado’ di Settimo”, dove sono oggi ospitate otto famiglie di nomadi. “Dall’indignazione – dice Alotto – bisogna passare all’azione, l’episodio della Continassa è nato perchè continuano ad esserci situazioni insostenibili come il campo abusivo di lungoStura Lazio dove vivono 450 persone in condizioni disastrose. Bisogna puntare su campi con un centinaio di persone al massimo. Le parole d’ordine – conclude Alotto – devono essere l”autorecuperò , e per questo bisogna incoraggiare le persone a cambiare le loro condizioni di vita, e la coabitazione. Non ci devono più essere ghetti.
Fonte: torino.repubblica.it
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