Unione Europea Sull’immigrazione: un patto scellerato?
Fonte: www.misna.org
17 ottobre 2008 – Furto di cervelli e minaccia al diritto d’asilo: sono questi i due aspetti che preoccupano maggiormente operatori umanitari, attivisti dei diritti civili e gli stessi migranti il giorno dopo la sottoscrizione dal parte del Consiglio europeo di quel Patto per l’immigrazione e l’asilo ufficialmente “adottato” ieri dai capi di stato dei 27 paesi dell’Unione Europea (UE). Pur nel linguaggio morbido e diplomatico a cui l’Onu di solito deve attenersi, lo stesso Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr/Acnur) – che in una nota “accoglie con favore l’impegno solenne del Consiglio europeo di assicurare che le politiche europee in materia di immigrazione e asilo rispettino il diritto internazionale dei rifugiati e i diritti umani” – invita ad “assicurare coerenza” tra immigrazione e diritto all’asilo, chiedendo all’UE di sviluppare misure concrete per assicurare che tale principio venga rispettato. “Non potremo mai avere un’‘Europa dell’asilo’ se non viene garantito l’accesso nell’UE a chi è in cerca di protezione” ha detto Judith Kumin, rappresentante dell’Unhcr presso le Istituzioni europee. Per comprendere meglio le parole della rappresentante Onu è utile guardare alle proteste, più esplicite, degli attivisti per i diritti civili. Come evidenzia il Coordinamento francese per il diritto d’asilo risulta difficile coniugare un’Europa dell’asilo con l’Europa fortezza che intende aumentare risorse e mezzi per il sistema ‘Frontex’ (e riguardo al quale il Patto consiglia la creazione di due comandi uno a sud e uno a est), il sistema di sicurezza che dovrebbe lottare contro l’immigrazione irregolare. “Come fa un richiedente asilo che arriva in Europa a bordo delle stesse carrette del mare degli immigrati, e che magari non parla altro che la sua lingua, a dimostrare in mezzo al Mediterraneo agli agenti di Frontex che ha le carte in regola per diventare un rifugiato?” scrive il lettore di un forum francese aperto sul tema. L’altro inquietante aspetto, soprattutto se guardato da una prospettiva africana, risulta quello dell’immigrazione selettiva e “circolare”, ovvero a tempo determinato. Entrambi i termini sono presenti nel Patto adottato ieri: il primo con la richiesta di lavorare alla creazione di una ‘Carta blu’: il secondo con l’invito a utilizzare sempre più canali di migrazione legale temporanea, che garantirebbero, secondo il Patto, benefici anche per il migrante e il suo paese di provenienza. L’idea di una ‘Carta Blu’, che molti hanno definito un vero e proprio ‘furto di cervelli’ dovrebbe attrarre in Europa quell’immigrazione di alto profilo e con professionalità qualificate che al momento per il 55% sceglie di emigrare verso Stati Uniti, Canada e Australia. In questo ‘mercato’ dei cervelli l’Europa ne attrae solo il 5%. Poco importa che negli ultimi anni l’Africa abbia avviato un vivace dibattito sulla ‘fuga dei cervelli’ e il depauperamento (particolarmente dannoso ed evidente nel settore sanitario) dei suoi professionisti, identificando in questo fenomeno una delle principali minacce al suo sviluppo. E se in molti siti di informazione africana già si evidenzia come l’Europa intende “scegliere” i suoi immigrati, il sito ‘Afrik.com’, uno dei portali d’informazione di riferimento dell’intero continente, pubblica un interessante articolo sulle “complicità africane”. Ricordando che già cinque paesi africani (Tunisia, Congo Brazzaville, Senegal, Benin e Gabon) hanno firmato con paesi europei, in cambio di finanziamenti allo Sviluppo, accordi che già recepiscono parte delle indicazioni del Patto ne passa ad analizzare i contenuti. E così si scopre che “l’immigrazione circolare” – ovvero temporanea, che nel Patto viene quasi presentata come una risposta rotatoria alla forte domanda di emigrazione africana sul mercato del lavoro europeo – “è applicabile solo a persone altamente qualificate come uomini d’affari, sportivi di alto livello e artisti”. Si scopre anche che la consegna di questi permessi deve mantenersi entro una quota annuale e che essi sono di tre anni rinnovabili una sola volta. Ancora più sconcertante il numero di questi permessi: secondo ‘Afrik.com’ gli accordi siglati dalla Francia (ideatrice anche del Patto europeo) con Benin e Congo Brazzaville prevedono non più di 150 permessi l’anno. “Si tratta di un numero troppo limitato, un numero estremamente restrittivo che riguarda solo impiegati qualificati e aumenterà la fuga dei cervelli, una catastrofe per l’Africa” scrive Stephanie Plasse di ‘Afrik.com’ . “Il Patto annuncia chiaramente la scelta dell’Europa di avere un approccio più conservatore all’immigrazione (…) Guarda alle politiche dell’immigrazione attraverso il prisma del ‘prima il controllo’, rendendo questo aspetto più esplicito che in passato” dice a un’agenzia di stampa internazionale Elizabeth Collet, analista politica presso il centro studi European policy center, che, a differenza degli attivisti, guarda il patto da un angolo differente, quello politico. “Abbiamo forti riserve sulla direzione presa dal dibattito sull’immigrazione” gli ha fatto eco Bjarte Vandvik, segretario generale del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati. “Riteniamo che il Patto sposti ulteriormente la bilancia verso il fronte della sicurezza – che finora non ha fornito alcuna soluzione alle sfide europee in tema di migrazione – e lontano dalle azioni necessarie per salvaguardare i diritti umani” conclude la Vanvik.[CO]