la piazza torna islamista (news n. 301),tre pezzi grossi esclusi dalle elezioni… forse (news n. 302)
di Elisa Ferrero
Cari amici e amiche,
in piazza Tahrir sono tornate le milioniye, manifestazioni di centinaia di migliaia di persone. Questa volta, però, il loro colore è decisamente islamista. Ieri, infatti, Fratelli Musulmani e salafiti hanno mantenuto la promessa e sono scesi in piazza a protestate contro le candidature alla Presidenza di vari uomini di Mubarak, Omar Suleyman e Ahmed Shafiq in testa. La milioniya “per proteggere la rivoluzione”, ha visto la confluenza massiccia di islamisti provenienti un po’ da tutte le provincie del paese, trasportati al Cairo dalla consueta rete di pulmann e microbus che sempre si attiva in queste occasioni. C’erano i Fratelli Musulmani e anche i sostenitori del salafita Hazem Abu Ismail (soprannominati gli Hazemoon).
La piazza islamista ha gridato forte duri slogan contro Tantawi e il governo militare, slogan che i loro compagni laici avevano iniziato a urlare almeno fin da giugno 2011, attirandosi ire e insulti proprio degli islamisti. Ma ora tutto ciò è dimenticato: le manifestazioni non sono più haram e i dimostranti non sono più né baltagheya né burattini nelle mani di potenze straniere. Perché sono islamisti, certo. Tuttavia, i gruppi rivoluzionari laici non hanno affatto dimenticato. Per tale motivo, la stragrande maggioranza di loro si è rifiutata di partecipare alla milioniya indetta dagli islamisti, annunciandone invece un’altra per venerdì 20 aprile. Milioniye separate, d’ora in poi? Forse no, perché gli islamisti redenti intendono unirsi anche loro a quella del 20 aprile, se le loro richieste, nel frattempo, non saranno accolte. I laici li accoglieranno con freddezza, ritenendo che se la rivoluzione ha preso la piega che ha preso è anche in gran parte colpa del “tradimento” degli islamisti, che hanno abbandonato la piazza prima che le sue richieste basilari venissero accolte, abbagliati dalla possibilità di accaparrarsi un po’ di potere (fittizio, come poi è stato dimostrato). Dunque, ora i laici vedono le manifestazioni islamiste come una guerra di potere tra islamisti e militari, non come una reale continuazione della rivoluzione. Ma c’è anche chi è più disponibile verso gli islamisti, ritenendo che solo una piazza unita possa averla vinta sui generali.
Nel frattempo, è già scoppiata la battaglia tra Omar Suleyman e i Fratelli Musulmani, nemici di lungo corso. Il Parlamento ha approvato la legge che vieta l’ingresso in politica agli uomini di Mubarak: l’ex vice Presidente, gli ex primi ministri, gli ex vertici del Partito Nazional Democratico, ma non gli ex ministri (quindi la legge non si applicherebbe ad Amr Moussa). Ma c’è un ma, naturalmente. La legge deve essere approvata dal Consiglio Militare e qui avremo la prova del nove. Omar Suleyman, invece, attacca duro la Fratellanza, accusandola di essere responsabile delle aggressioni armate alle stazioni di polizia durante la rivolta del 25 gennaio. Sotto sotto l’accusa è più sottile e pericolosa: la Fratellanza avrebbe accesso ad armi e forse (come già alluso dal Consiglio Militare) esisterebbe un’ala militarizzata del movimento. E Omar Suleyman, il quale detiene i segreti della nazione (e probabilmente di ciascun egiziano, ironizza qualcuno) minaccia di rivelare altri segreti sui Fratelli Musulmani. Questi ultimi, ovviamente, negano tutto quanto.
Riassumendo, la corsa alla Presidenza a colpi giudiziari procede e si fa ancor più rovente, mentre la politica di piazza torna a far capolino, suggerendo che sia solo l’inizio di una nuova fase di manifestazioni. Allacciate le cinture.
A proposito… Dov’è Mubarak?
Un caro saluto,
Elisa
p.s: nella vignetta, Mubarak è indeciso su quale vestito indossare: Tantawi, Suleyman o Shafiq?
tre pezzi grossi esclusi dalle elezioni… forse (news n. 302)
Cari amici e amiche,
è accaduto l’ennesimo colpo di scena, in Egitto, nel contesto della corsa alla Presidenza. Ieri sera, infatti, la Commissione Elettorale ha pubblicamente reso nota la lista dei dieci candidati esclusi dalle presidenziali (ammessi, invece, altri tredici). Tra i respinti vi sono tre calibri da novanta: l’ex capo dell’intelligence militare Omar Suleyman, il salafita Hazem Salah Abu Ismail e il candidato dei Fratelli Musulmani Khairat el-Shater. Oltre a loro sono stati esclusi anche altri nomi noti, ma di minor rilievo, come Ayman Nour e Mortada Mansour (il principale imputato del processo per la “battaglia del cammello”).
Omar Suleyman è stato escluso a causa dell’incompletezza dei documenti presentati, mancando – a sentire la commissione – un migliaio di firme dal quindicesimo governatorato (ne erano necessarie almeno 30.000 da 15 governatorati diversi, con un minimo di 1000 in ciascun governatorato). La Commissione Elettorale, oggi, ha smentito la voce che avrebbe concesso a Suleyman la possibilità di completare la raccolta firme.
Khairat el-Shater, invece, è stato escluso a causa della sua fedina penale sporca (non importa se il suo processo sia stato giusto o meno), così come è successo ad Ayman Nour. Entrambi sono stati perdonati dal Consiglio Militare, ma non dichiarati innocenti da un tribunale, dunque sono fuori. Infine, Abu Ismail è stato squalificato a causa della nazionalità americana della madre, provata – a quanto dice la commissione – da documenti inviati direttamente dagli Stati Uniti (sembra infatti che sia possibile per un egiziano acquisire una seconda nazionalità, senza che il Ministero degli Interni ne venga informato).
La notizia è immediatamente risuonata in ogni angolo del paese (e anche fuori), suscitando commenti e teorie di ogni genere (che vi risparmio). C’è da dire, però, che la decisione non è ancora definitiva, perché gli esclusi potranno appellarsi, nelle prossime quarant’otto ore, alla stessa Commissione (strano, ma è così). Se tuttavia la decisione fosse confermata, a detta di molti si profilerebbe un testa a testa tra Amr Moussa e Abdel Moneim Abul Fotouh (improbabile che il “sostituto” di Khairat el-Shater, Mohammed Morsy, abbia il carisma per farcela, anche se il dictat della Fratellanza potrebbe convincere molta gente a votarlo).
Abu Ismail, per ora, sembra essere il candidato che l’ha presa peggio. Ha detto ai suoi sostenitori di rimanere calmi, finché non si saprà come andrà l’appello, ma si temono reazioni sconsiderate da parte loro. Lo stesso Abu Ismail ha detto in tv che la Commissione Elettorale sta giocando con il fuoco (anzi, alcuni mass media hanno riportato una frase diversa, con la quale il salafita avrebbe minacciato di mettere a ferro e fuoco l’intero paese). Poi ha affermato di essere in possesso di prove di frodi elettorali che riguarderebbero personaggi importanti sia a livello di Parlamento, sia a livello di elezioni sindacali. Abu Ismail sarebbe pronto a usare queste prove se venisse definitivamente squalificato.
Ora, dico io, se Abu Ismail è davvero in possesso di queste prove, sarebbe suo dovere, come cittadino e tanto più come esponente politico, usarle comunque. Inoltre, con tutto il rispetto per i sostenitori di Abu Ismail, sebbene la legge che non permette a un egiziano con genitori non egiziani di candidarsi alla Presidenza sia sicuramente ingiusta e sebbene la Commissione Elettorale sia guidata da uomini sospettati di corruzione, ecc. ecc., resta il fatto che la sua stessa famiglia negli Stati Uniti ha affermato che la madre aveva la cittadinanza americana. Ci sono pochi dubbi che non sia così. Ma allora, escludendo l’ipotesi che Abu Ismail non lo sapesse, ciò significa che il salafita ha mentito (e continua tuttora a mentire) ai suoi sostenitori e a tutto il popolo egiziano. Dov’è dunque la vantata integrità di quest’uomo (al di là delle sue idee per me inaccettabili)? Possibile che la gente continui a sostenerlo? Eppure sembra che questo piccolo dettaglio non disturbi i suoi fans più di tanto, forse pensando che il fine giustifica i mezzi, quando invece i mezzi, in questa delicata fase di transizione, sono ancora più importanti dei fini, secondo me.
In attesa di conoscere la decisione sui ricorsi dei candidati esclusi, c’è da annotare un’altra notizia, sfuggita a gran parte dei mass media: Buthayna Kamel, l’unica candidata donna, non è riuscita a registrarsi, perché le mancavano qualche migliaio di firme. Nessun partito, neanche liberale, si è offerto di appoggiarla per permetterle di fare a meno delle firme, come è invece accaduto ad altri candidati. Peccato. Non avrebbe avuto possibilità di vincere, ma la sua presenza avrebbe avuto un forte significato simbolico.
Ma continuo a chiedermi dove sia finito Mubarak. Non doveva essere trasferito all’ospedale della prigione di Tora già a marzo?
Un caro saluto,
Elisa