Italia al quarto posto nel mondo per richieste d’asilo. “Serve un sistema unitario di accoglienza”
Nadan Petrovic (Unità sistema di interventi decentrati dell’Oim) è autore del libro “Rifugiati, profughi, sfollati. Breve storia del diritto d’asilo in Italia dalla Costituzione ad oggi”, che verrà presentato domani alla Camera. Diverse le questioni irris
ROMA – Sulle richieste d’asilo lo scorso anno in Italia è stata emergenza, ma oggi bisogna pensare ad un sistema unitario di accoglienza che punti soprattutto sull’integrazione lavorativa. Ne è convinto Nadan Petrović, responsabile dell’Unità sistema di interventi decentrati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni e autore del libro “Rifugiati, profughi, sfollati. Breve storia del diritto d’asilo in Italia dalla Costituzione ad oggi”, che verrà presentato domani, mercoledì 30 maggio alle ore 15 presso la Camera dei deputati a Roma, alla presenza del presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, di Massimo D’Alema e Roberto Maroni. “L’Italia ha registrato un’emergenza numericamente importante ma non catastrofica – spiega Petrović -. Una situazione che ha portato il paese al quarto posto al mondo tra i paesi industrializzati per numero di richieste d’asilo. Davanti c’erano solo Stati uniti, Francia e Germania. Dopo l’Italia, il Canada, la Gran Bretagna e la Svezia. I sistemi ordinari non hanno retto e quindi si è dovuto cercare altre strade”.
Il volume ripercorre l’evoluzione della legislazione e delle prassi di tutela del diritto d’asilo in Italia, da cui emerge un quadro certamente migliore rispetto al passato, ma con delle questioni ancora irrisolte. “Siamo messi meglio rispetto al passato perché da una decina di anni a questa parte c’è stata una presa di coscienza del problema – aggiunge Petrović -. Storicamente l’Italia non doveva occuparsi dei rifugiati. C’era quasi un accordo tacito a livello internazionale, dove l’Italia fungeva più che altro da paese di transito. Dagli inizi degli anni 90, invece, la situazione cambia radicalmente e l’Italia inizia a rimboccarsi le maniche per cercare di costruire un dispositivo nazionale d’asilo. Certamente siamo messi meglio, però non possiamo dire di essere messi benissimo”. La sottovalutazione dei primi segnali, spiega Petrović, ha causato ritardi nel predisporre gli strumenti adatti. “Dalla fine dai primi anni 50 alla fine degli anni 80, in circa quarant’anni quindi in Italia si sono presentate circa 200 mila domande d’asilo. L’anno scorso quasi 40 mila in un anno. Quando fu fatto il primo censimento in Italia dei rifugiati nel 1990, di questi 200 mila sono 12mila risultavano ancora residenti in Italia. Tutto questo è come se avesse deresponsabilizzato il legislatore, tanto il problema era irrilevante e irrisorio numericamente”.
L’aumento degli arrivi, però, cambia radicalmente l’approccio ed oggi, spiega Petrović, non mancano le esperienze positive. “Abbiamo alcune realtà che non vanno sottaciute. L’Italia, dal 2000 in poi, ha riformato il sistema delle valutazioni delle domande d’asilo, i tempi di attesa si sono fortemente ridotti rispetto agli anni 90. Sono state create le commissioni territoriali per la valutazione delle domande di asilo. Tempi più celeri rispetto anche all’esperienza di altri grandi paesi europei. Le percentuali di riconoscimento di uno status sono superiori alla media europea e dal punto di vista della procedura diciamo che sono stati fatti enormi progressi”. Il bicchiere è “mezzo vuoto”, invece, se si parla invece dell’accoglienza. “Sono stati fatti grandi progressi sugli interventi di accoglienza. Ci sono vari sottocircuiti, come lo Sprar, i Cara, sono stati fatti accordi con le grosse aree metropolitane, ma manca una visione d’insieme, manca ancora uno sforzo per ricondurre tutte queste esperienze verso un disegno unitario, pubblico e che coinvolga tutti gli attori”. Un sistema di accoglienza che possa puntare per richiedenti e rifugiati soprattutto sul lavoro. “A mio modo di vedere si può fare di più a partire dall’integrazione lavorativa – aggiunge Petrović -. Oggi i rifugiati vengono visti ancora e solo come un peso assistenziale, mentre sono portatori di professionalità utili al sistema Italia”. Difficile fare previsioni per quel che riguarda le politiche che verranno messe in campo nei prossimi mesi, ma Petrović si dice fiducioso. “L’Italia ha fatto dei passi avanti negli ultimi dieci anni. Non sono ancora sufficienti, ma confido che per il futuro prevalga il buon senso”.
Fonte: www.redattoresociale.it