Storie di ordinario razzismo quotidiano: polemiche
Torino, 5 set. (LaPresse) – Firenze. Un anziano staziona davanti alle casse aspettando che la moglie finisca di fare la spesa. Senza che nessuno gli abbia chiesto spiegazioni, a voce alta commenta che non attende fuori in quanto “il negro” (un senegalese che da anni vende la sua merce di fronte all’ingresso) lì davanti gli “rompe i coglioni”. E’ una delle storie di ordinario razzismo quotidiano segnalate a LaPresse dopo la pubblicazione di un elenco di episodi simili, domenica. Storie minori, che difficilmente trovano spazio nelle cronache, ma che vale la pena di raccontare.Langhirano (Parma). All’entrata con doppie porte scorrevoli di un centro commerciale due donne con il velo, dipendenti dell’impresa di pulizie, stanno lavando i vetri e intanto chiacchierano tra di loro in arabo. Un signore anziano passa, le guarda con astio e dice loro rabbiosamente che sono in Italia e che devono parlare italiano.
Maremma, in spiaggia. Passa una elegante orientale. Gira in spiaggia fra i bagnanti completamente vestita e in ordine, nonostante l’alta temperatura. Chiede se qualcuno desideri un massaggio. Una donna, al massimo trentacinquenne, madre di tre figli piccoli, a voce alta commenta che la disturba alquanto la “puzza di cinese”.
Milano. Nel corso di un colloquio dedicato a un progetto di impresa con il capo di un ordine professionale, un giovane confida di avere un bimbo piccolo. Il presidente, che non sa che il giovane è sposato con una straniera, gli fa i complimenti, aggiungendo: “Bene, abbiamo bisogno di più bambini italiani”.
La pubblicazione domenica di episodi simili – che riproponiamo in coda – ha scatenato una serie di reazioni. “In Italia siamo troppo civilizzati”, scrive Giorgio, che si definisce “un italiano schifato”. “Per essere sincero, non trovo gli italiani così razzisti”, sottolinea Lucio. “Si parla molto di diritti degli immigrati, ma dei loro doveri?”, dice Massimo, che puntualizza sul significato della parola ‘razzismo’ e racconta che degli stranieri hanno danneggiato le panchine sotto casa sua. Luigi cita una statistica sui tanti reati degli immigrati, Giorgio lamenta che gli immigrati sono aiutati più degli italiani e secondo Lucio ricevono più informazioni. La più diffusa opinione è che chiudendo le frontiere agli immigrati, gli italiani comunque smetterebbero di essere razzisti.
Affermazioni alle quali, in genere, chi difende le ragioni degli immigrati ribatte che gli italiani sono stati considerati mafiosi negli Usa per decenni, che sono i contributi degli immigrati a garantire la sostenibilità del sistema pensionistico italiano, che il sistema dei permessi di soggiorno è una lotteria che gioca con la vita delle persone, che esistono strutture come i centri di identificazione ed espulsione dove finiscono, per periodi detentivi che possono arrivare a un anno e mezzo, persone che non hanno commesso alcun crimine. Si tratta di un dibattito ampio, in cui forse le ragioni stanno da entrambe le parti.
Chi invece ha segnalato nuovi episodi racconta il suo senso di impotenza. Quello di Langhirano è stato un “episodio che sembra insignificante, ma che mi ha fatto molto male, e al quale non sono riuscita a non reagire”, racconta Franca. “Non si possono accettare cose simili nella culla di civiltà e cultura rappresentata dalla nostra unica Firenze”, sottolinea Daniela. “Scaricare – taglia corto Luigi – su una donna con un bambino la responsabilità per ciò che altri appartenenti allo stesso gruppo nazionale possono aver fatto, è puro razzismo. Le responsabilità sono personali e prendersela con chi porta il figlio ai giardinetti è semplicemente incivile e avvelena la convivenza”.
Lettori e abbonati sono invitati a continuare a segnalare questi episodi all’indirizzo fabio.deponte@lapresse.it. Le storie continueranno a essere raccontate.
Questi erano gli episodi pubblicati domenica.
Una giovane mamma siede sull’autobus col bambino in braccio, accanto a un anziano. Arriva la sua fermata. Chiede all’uomo di alzarsi, perché non riesce a passare col bimbo. Si rivolge al figlio, in arabo, spiegandogli che devono scendere. L’anziano capisce che sono stranieri, non si vuole spostare, urla: “Voi non sapete fare altro che bambini”.
Una nonna cammina con la nipote sul marciapiede. La piccola, due anni, boccoli biondi, attira l’attenzione di un uomo che la saluta. La nonna dice alla piccola, rivolgendosi a lei in polacco, di rispondere al saluto. L’uomo allora prende a gesticolare vorticosamente, dicendo “no, no” e scappa via.
Un giovane di colore è sull’autobus. Passa il controllore. Lui mostra il tesserino di richiedente asilo, convinto che quello gli garantisca il diritto di viaggiare sui mezzi pubblici. Non parla italiano. Il controllore non sa, verifica a cosa dia diritto il tesserino chiamando al telefono i colleghi. Non basta, non si può andare in bus con quello. Sventola il documento in faccia al giovane, chiedendogli in italiano, alzando la voce, se si è fatto spiegare a cosa serva. Il giovane non capisce, pensa che glielo stia restituendo e fa per prenderlo. Il controllore inizia a urlare di tenere giù le mani e minaccia di chiamare la polizia.
Una mamma entra in uno spazio bimbi con la figlia e il cane. Il cane non sarebbe ammesso. Ma in molti se lo portano dietro e lo legano in un angolo mentre il bimbo gioca. Lei entra, nessuno ha da ridire, tutto come al solito. Finché la donna non si rivolge alla figlia, in romeno. Gli altri genitori realizzano che mamma e figlia sono straniere. E allora scatta il rispetto della regola. Con aggressività e disprezzo la donna viene apostrofata: le dicono che non può fare quello che le pare e che deve portare immediatamente fuori il cane.
Fonte: it.notizie.yahoo.com
“Si tratta di un dibattito ampio, in cui forse le ragioni stanno da entrambe le parti.”
Decisamente per mia colpa non ho chiaro il senso di questa frase. In particolare vorrei capire quali siano le ragioni di chi ha idee (e, purtroppo,PRATICHE) xenofobe. Magari qualche spiegazione terra, terra alla mia portata.Preciso che, se qualcuno li rompe, italiano o no, io mi incavolo e protesto apertamente.
Ma se, per quieto vivere, la lascio correre all’italiano mi comporto ugualmente con uno che non è nato qui. Gli episodi riportati sopra, per come sono stati riportati, non evidenziano colpe da parte dei non nati qui.