Uno sguardo d’insieme sugli odierni flussi migratori
BASILEA (Migranti-press 10 ) – In questi primi mesi del 2009 l’isola di Lampedusa è stata particolarmente sotto i riflettori dei media italiani e internazionali per le scelte del Governo, le proteste dei cittadini locali e le sommosse dei migranti. Di fronte a queste notizie si grida all’emergenza “immigrazione irregolare”, ma ci sono dati interessanti che rivelano un’altra realtà. In base alle stime preliminari per il 2008, infatti, circa il 75% delle persone arrivate in Italia via mare ha fatto richiesta di asilo e a circa il 50% di loro è stato riconosciuto lo status di rifugiato o un altro tipo di protezione internazionale. Questo dimostra che il Mar Mediterraneo è decisamente una “via dell’asilo” per molte persone che fuggono da violenze, guerre e persecuzioni. I famosi “clandestini” che sbarcano sulle coste italiane sono, in numero consistente, dei potenziali rifugiati.
Diverso è il discorso per i migranti che arrivano in Italia in cerca di lavoro: solo una piccola parte di loro giunge via mare, la maggioranza ha attraversato le frontiere terrestri o ha viaggiato in aereo. Spesso entrano regolarmente con un visto turistico e solo in un secondo momento si trattengono irregolarmente svolgendo un’attività lavorativa a tutto vantaggio di aziende e famiglie italiane. Se in Italia l’immigrazione irregolare è particolarmente elevata, ciò è dovuto, tra l’altro, alle abnormi dimensioni dell’economia sommersa e ad una politica di regolamentazione delle entrate che si è rivelata inefficace nel far incontrare la domanda con l’offerta di lavoro dall’estero.
Un fenomeno nascosto all’opinione pubblica, invece, è la trasformazione dell’Italia, da paese di transito per i rifugiati diretti verso altri paesi europei, in paese di accoglienza. Negli ultimi anni, in effetti, sono aumentate le richieste d’asilo. I dati disponibili mostrano che molti di coloro che sono arrivati via mare nel 2008 provenivano da Somalia ed Eritrea. In Somalia dal 1991 non esiste più un governo centrale. Il paese da allora è precipitato nella violenza ed è stato di recente teatro di scontri tra “signori della guerra” locali, corti islamiche – di cui si afferma siano controllate da Al Qaeda – e truppe etiopiche. In Eritrea un regime dittatoriale sta militarizzando la maggioranza della popolazione, a cominciare dai ragazzi e dalle ragazze nelle scuole. Sulle coste italiane approdano anche afgani, iracheni e palestinesi, persone in fuga da conflitti noti a tutti.
L’Italia ha firmato nel 1954 la Convenzione di Ginevra per i rifugiati. I paesi che l’hanno sottoscritta sono tenuti ad accogliere e dare asilo a chi fugge “nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza ad un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche”. Inoltre, in Italia, come in tutta l’Unione Europea, viene garantita anche la protezione sussidiaria a coloro che non possiedono i requisiti per essere riconosciuti come rifugiati ma nel cui paese di origine corrono il rischio di subire la condanna a morte, la tortura, o di cadere vittima della violenza indiscriminata.
Ci si potrebbe chiedere perché persone che sono chiaramente tutelate da una Convenzione internazionale debbano percorrere la via disperata del mare per arrivare e chiedere asilo. La risposta è che negli ultimi anni sono state innalzate barriere sempre più alte nei loro confronti. Quindi sono costretti a viaggiare clandestinamente, per lo più affidandosi ad organizzazioni specializzate. Per questo persone che hanno già subito in patria violenze o persecuzioni devono anche sottoporsi ai rischi di viaggi da incubo, accumulando nel corpo e nella psiche sempre nuovi traumi.
Gli sbarchi fanno notizia e impressionano l’opinione pubblica, mentre in realtà l’immigrazione avviene in buona parte per altre strade. È facile compiere gesti politici simbolici come bloccare centinaia di persone su un’isola di pochi chilometri quadrati. Quando si strumentalizzano le paure dei cittadini è facile anche giustificare scelte inammissibili come il Trattato per il controllo delle migrazioni clandestine stretto tra Italia e Libia. Questo paese è una dittatura che non rispetta i diritti dei propri abitanti né tanto meno quelli degli stranieri, spesso imprigionati ed espulsi con la forza, anche se sono dei rifugiati. La disinformazione può farci dimenticare che se i nostri paesi non prevengono, non cercano di risolvere o fomentano i conflitti armati, se stringono patti di amicizia con governi dittatoriali, inevitabilmente si creeranno sempre nuovi rifugiati. Il loro disperato tentativo di farsi accogliere non deve essere scambiato come un problema di ordine pubblico e messo a tacere in un centro di detenzione. È importante capire cosa sta accadendo: è un primo atto di giustizia nei loro confronti. (Cserpe, Basilea L. Deponti)
06/03/2009