Padova – Barricati all’interno del Centro di accoglienza:
Ora i rifugiati prendono parola
Dopo tre giorni dalla rivolta della “Casa Colori” la conferenza stampa presso la sede dell’Associazione Razzismo Stop
Se ne è parlato per tre giorni consecutivi dopo che per un anno e mezzo sulla loro presenza in città era calato il silenzio. Nessuno sembrava voler ascoltare eppure per molto tempo i rifugiati ospiitati a Padova, insieme all’Associazione Razzismo Stop, avevano dato vita a presidi, iniziative, manifestazione, sit-in, per chiedere a gran voce un futuro degno dopo il 31 dicembre 2012.
Già alla fine di dicembre il Comune di Padova era stato “assediato” da un presidio di rifugiati ricevuti poi in delegazione dall’Assessore ai Servizi Sociali. All’orizzonte c’era la data del 31 dicembre con la conseguente fine del dichiarato stato di emergenza e quindi del finanziamento al piano di accoglienza. Nei corridoi già circolava la voce di una proroga fino al 28 febbraio ma ma contemporaneamente si faceva strada l’idea di una situazione difficilmente recuperabile.
Dal giugno 2011 in città, infatti, molti di loro avevano ricevuto solo un pasto ed un letto, in pochi avevano potuto usufruire di corsi alfabetizzazione e sempre per pochi si era affacciata la possibilità di un inserimento lavorativo.
Così, nonostante la proroga decisa dal Governo, lo scorso lunedì 7 gennaio, dopo un acceso confronto con i responsabili di uno dei centri di accoglienza, i rifugiati ospitati alla Casa Colori si sono barricati al suo interno ed hanno danneggiato la struttura facendo scattare l’allarme che ha fatto arrivare sul posto le forze dell’ordine.
Chiedevano che fossero mantenute le promesse fatte, come per esempio il pagamento delle spese per ottenere il titolo di viaggio (costoso per i titolari della protezione sussidiaria) e che fosse data una buona uscita in denaro a chi volesse lasciare il centro per raggiungere un’altra città.
Dopo tre giorni di dibattito intorno alla vicenda hanno finalmente preso la parola loro, i protagonisti di quella “rivolta”, che nella sede dell’Associazione Razzismo Stop hanno convocato una conferenza stampa per raccontare le loro ragioni.
Vogliono che i soldi intascati dagli enti gestori vengano messi a disposizione di chi (pochi per la verità) vuole andarsene e che per gli altri, quelli che rimarranno a Padova e su cui pende ora la spada di damocle del 28 febbbraio, vengano investiti in progetti veri, in grado di offrire loro una opportunità.
Certo, perché ciò che è mancato finora è stata l’opportunità di poterci provare, ingabbiati dalla mancanza di un permesso di soggiorno, abbandonati nell’inadeguatezza dei progetti messi in campo, silenziati dalla retorica dell’accoglienza che li vorrebbe grati per un pasto ed un letto dopo che per oltre un anno e mezzo, proprio per loro, Comune ed enti hanno ricevuto 46 euro al giorno per ogni persona ospitata.
Dopo le proteste è iniziato il carosello delle autorità e delle dichiarazioni dei politici. I vertici della Questura, che assicurano massima attenzione, cercano intanto di farsi dare i nomi dei responsabili mentre già, così annunciano, 10 denunce sono pronte.
Su questo i rifugiati sono chiari: “ciò che abbiamo fatto lo abbiamo fatto tutti insieme”.
Pochi giorni fa a Crotone il Tribunale ha assolto tre cittadini marocchini per legittima difesa contro le accuse di danneggiamento e resistenza aggravata per una rivolta all’interno di un CIE.
Quando ci sono in gioco i diritti fondamentali della persona umana la rivolta è giusta: ribellarsi è una legittima difesa. Questo in sostanza il tenore della sentenza. Luca Bertolino, dell’Associazione Razzismo Stop, ha richiamato proprio il provvedimento del giudice di Crotone perché troppo spesso si parla di legalità e si discute su alcuni avvenimenti senza raccontare però perché avvengono. Un anno e mezzo di abbandono fuori da ogni cornice di accoglienza come previsto dalle direttive Europee è certamente una grave violazione subita da queste persone.
Il Comune di Padova, continua Bertolino, con la decisione di dare una buona uscita ai soli rifugiati ospitati nelle sue strutture, nella speranza di liberarsi del problema, si è comportato come una semplice cooperativa venendo meno al suo ruolo.
Fonte: www.meltingpot.org
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