Immigrazione che dire ai politici alla vigilia elettorale
di Fredo Olivero
I politici devono riconoscere il fatto migratorio nei suoi diversi aspetti: immigrazione dall’estero, emigrazione italiana (per lo più colta) ed immigrazione interna (da sud a nord). Tutte meriterebbero una riflessione.
Fermandoci all’immigrazione verso l’Italia: poco più di 5 milioni (più della metà donne), 1,4 milioni di europei dell’UE, 3,6 milioni da fuori Europa (unici “stranieri”); 1 milione frequentano la scuola italiana con i nostri figli, almeno 800 mila sono nati in Italia.
L’Italia continua ad affrontare il fatto migratorio come se fosse ancora “emergenza” (in realtà un flusso continuo da 25 anni), in particolare con i richiedenti rifugio e gli sfollati del Nord Africa.
Va migliorato il decreto legislativo n. 286/1998, che regge tutto l’impianto, con alcune modifiche essenziali.
- Semplificare gli ingressi perché sia conveniente entrare in modo regolare più che “comprare” documenti per l’emersione durante le sanatorie.
- Passare ai Comuni (almeno ai capoluoghi di provincia) la gestione degli immigrati. Dopo l’ingresso i residenti diventano cittadini, quindi sono inutili i doppi o tripli controlli con costi enormi in termini economici e di lavoro, anche per le ricongiunzioni familiari.
- Garantire a tutti i “perseguitati” che scelgono l’Italia come paese democratico l’effettivo diritto di asilo. Accogliere non è parcheggiare, ma inserire nel normale tessuto del territorio. Deve essere messa fine alla delega (ufficialmente avvenuta) alla Protezione Civile e alla legislazione emergenziale dei richiedenti rifugio. Serve solo l’accoglienza in strutture di passaggio per il breve periodo, poi è la società civile (dotata di strumenti e risorse) ad dover operare. Costa meno “accogliere” che “parcheggiare”! Ma i Comuni devono avere la disponibilità delle risorse per farlo.
- Ci sono aspetti precisi da garantire a chi si ferma nel nostro paese (garanzie che, talora, ci sono sulla carta, ma restano “diritti di carta”, non applicati)
- La “parità dei diritti”: la discriminazione resta ancora a vari livelli: casa e lavoro in primo luogo, accessibilità alle stesse condizioni (anche economiche).
- La possibilità per chi ha un lavoro vero per vivere di poter restare.
- La garanzia dei servizi sociali a chi è regolarmente presente, senza negare ai rifugiati la residenza perché poi “ci costano troppo”.
- Il diritto al lavoro “umano” di chi si occupa dei nostri anziani e dei nostri figli.
- La scuola ha fatto grandi passi e deve continuare in questa linea di inserimento: le culture diverse sono una grande risorse per noi.
- Cambiare in positivo la legge sulla cittadinanza per chi è nato da genitore residente da almeno 5 anni affinché possa diventare “italiano” prima della maggior età.
- A chi è in Italia da 5 anni consentire di votare e scegliere chi amministra le nostre città: anche lui è cittadino.
- Riconoscere i titoli di studio (anzitutto europei): avere un laureato o diplomato straniero è una grande risorsa che può arricchire il nostro paese.
- Le vittime della tratta (che noi chiamiamo ed usiamo come “prostitute”) vanno tutelate nei loro diritti umani.
- La chiusura dei CIE (centri di identificazione ed espulsione): contrari ai principi della Costituzione, costosissimi ed inutili perché respingono chi cerca democrazia senza aver commesso reati.
- Infine la Chiesa ha bisogno di coraggio e deve adottare come linea quella suggerita da papa Paolo VI “Nella Chiesa nessuno è straniero, ma fratello e la Chiesa non è straniera a nessuno”.
Se vogliamo ringiovanire la nostra società vecchia abbiamo bisogno di uomini (e donne) nuovi, giovani, capaci di partecipare al progetto di una società che dialoga, che accoglie il diverso come ricchezza.
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