Cie Bologna, Medu: “Mancano i beni primari e le condizioni igienico-sanitarie sono inaccettabili”
Vetri rotti, riscaldamento non funzionante, mancanza di beni di prima necessità. Abuso di farmaci e sottoutilizzo dei servizi sanitari e psichiatrici del territorio. Assenza totale di attività ricreative. Visita del Medu nel centro di via Mattei dove sono
BOLOGNA – “La situazione strutturale è drammatica. In molte stanze i vetri sono rotti e le persone dormono rannicchiate sotto alle poche coperte che hanno a disposizione. I bagni sono in condizioni inaccettabili e mancano i beni primari, come la carta igienica e gli assorbenti igienici per le donne”. A parlare è Marco Zanchetta, coordinatore della sede di Firenze del Medu che il 19 febbraio ha visitato il Centro di identificazione ed espulsione di via Mattei insieme a Cecilia Francini, medico dell’associazione. “Il degrado della struttura è inconcepibile per una struttura che ha una responsabilità istituzionale – dice Zanchetta – Gli operatori confermano la tensione crescente ma dicono che gli episodi sono una conseguenza delle condizioni in cui queste persone sono costrette a vivere”. Ciò che è emerso dalla visita del Medu è l’assoluta “inutilità” dell’estensione a 18 mesi della permanenza. “Lo ha confermato lo stesso direttore, Alberto Meneghini, che le espulsioni avvengono nel giro di 10-20 o al massimo 30 giorni – continua Zanchetta – Quelli che rimangono di più sono in una situazione di marginalità sociale, persone senza fissa dimora che i servizi territoriali non hanno preso in carico”. La visita del 19 febbraio al Cie di Bologna è l’ultima effettuata dal Medu nei 13 centri sparsi sul territorio nazionale. “Stiamo preparando un report sui centri per la metà di aprile – dice Zanchetta – L’obiettivo è responsabilizzare il prossimo governo perché i Cie rientrino nell’agenda politica visto nemmeno in questa campagna elettorale è stata presa una posizione chiara sui centri”.
Oltre alle gravi condizioni igienico sanitarie, i medici del Medu hanno riscontrato anche molte criticità nell’ambulatorio attivo all’interno del centro di via Mattei. “Manca una connessione con il territorio e sono pochissime le visite specialistiche, nel mese di febbraio ci sono stati solo 4 rinvii al secondo livello – dice Cecilia Francini – In particolare, le situazioni di disagio psichico vengono trattate con farmaci, circa il 50% delle persone trattenute è dipendente dalle benzodiazepine, mentre c’è un sottoutilizzo dei servizi psichiatrici territoriali”. Si tratta in sostanza di un’assistenza di base in cui però, continua Francini, “molti casi sono sottovalutati, compresi gli episodi di autolesionismo e le dipendenze da eroina, che sono trattate all’interno del centro da medici non adeguatamente preparati”. Francini sottolinea l’evidente “conflitto di interessi” dato dal fatto che i medici che operano dentro al Cie non sono dell’Asl ma sono pagati dall’ente gestore. E dice: “L’idoneità sanitaria al trattenimento è arbitraria da Cie a Cie e da medico a medico, ieri nel centro di Bologna abbiamo incontrato una persona che usa un bastone per camminare, ha evidenti problemi di deambulazione e ha enormi difficoltà, ad esempio, a utilizzare i servizi”.
Questa situazione è conseguenza anche del passaggio di consegne tra vecchio gestore (Misericordia) e nuovo (L’Oasi) che si è aggiudicato l’appalto con 28,50 euro a persona (contro i 69 precedenti). “Il cambio di gestione ha portato a una rottura dei rapporti tra i due gestori e il ministero non saputo coordinare il lavoro degli enti – spiega Zanchetta – Manca una banca dati delle attività svolte in passato e delle presenze nel centro tanto che L’Oasi ha dovuto rifare tutto: riscrivere il regolamento interno, stipulare una nuova convenzione con l’Asl”. Zanchetta sottolinea poi l’assenza pressoché totale di attività ricreative. “L’unico svago è un campo da calcio – dice – il cui utilizzo è a discrezione dell’ente, dato come una sorta di premio a chi tiene un comportamento corretto”. Ha da poco ricominciato la sua attività anche Sos Donna, associazione che assiste soprattutto le donne vittime di tratta ma, “se nel 2012 avevano seguito 46 donne e dato protezione ex articolo 18 a 4 di loro – spiega Francini – Quest’anno ne hanno seguite solo 12”.
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