Nord Africa, è caos sul fine emergenza. Ma il ministro Cancellieri rassicura
Oggi si chiude il programma di accoglienza dei profughi giunti nel nostro paese a seguito della cosiddetta “primavera araba”. Critiche al modello emergenziale: spesi soldi pubblici senza un reale piano di inserimento
ROMA – Oggi si chiude ufficialmente l’Emergenza Nord Africa, il programma di accoglienza dei profughi giunti nel nostro paese a seguito della cosiddetta “primavera araba”. Ma le sorti degli oltre 13mila profughi nordafricani, che secondo le associazioni sono ancora nelle strutture, sono incerte. Si attende in queste ore una comunicazione ufficiale del ministero dell’Interno che chiarisca ulteriormente come definire il passaggio al “dopo emergenza” (il programma doveva terminare il 31 dicembre 2012 ed è stato prorogato al 28 febbraio); se i migranti verranno inseriti nel sistema Sprar, come chiedono diverse associazioni, a partire dall’Anci; in che modo e in che tempi verrà erogato il bonus una tantum di 500 euro pro capite previsto per l’uscita dal programma.
Il ministro Cancellieri: “Resta chi è in attesa della risposta d’asilo o in situazione vulnerabile”. Intanto oggi dalle pagine del quotidiano Avvenire, il ministero dell’Interno chiarisce alcuni punti. “Potranno restare le 7.400 persone ancora in attesa di essere sentite dalle commissioni per il rilascio dello status di asilo. E lo stesso vale per i nuclei familiari e gli appartenenti alle categorie “vulnerabili” previste dal sistema per la protezione e l’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo, che resteranno per almeno altri sei mesi: minori, genitori single con prole, donne in gravidanza, anziani, disabili o vittime di soprusi e torture, mentre i tossicodipendenti verranno assegnati a strutture idonee – afferma il ministro – . Secondo i dati giunti da 50 prefetture, sono già 520 persone: attendiamo i dati delle altre 53. Infine, resteranno quelli in attesa del permesso umanitario o del titolo di viaggio. Sono categorie ampie e dovrebbero includere buona parte dei migranti”. Sempre secondo il ministro stanno invece pensando all’uscita 5.736 migranti sugli 8.178 presenti (i dati sono relativi alle prime 50 prefetture). “Un altro 24% non ha ancora manifestato la propria volontà. Per chi lo vorrà, sarà a disposizione il rimpatrio volontario assistito – aggiunge nell’intervista – . Quanti decideranno di raggiungere altre nazioni europee, dove magari hanno parenti, dovranno essere consapevoli del fatto che le norme Schengen, scaduti i 90 giorni previsti dal regolamento di Dublino, prevedono la loro riconsegna nel Paese d’ingresso in Ue, in questo caso l’Italia”. Nell’intervista Cancellieri precisa anche che non verranno consentite “speculazioni di chi vorrebbe lucrare sulla pelle degli immigrati, puntando ad esempio a prolungare sine die situazioni di ‘ospitalità retribuita’. Non mi riferisco certo ai Comuni né alle associazioni di volontariato, cattoliche e laiche in prima linea nell’accoglienza con spirito umanitario: senza di loro, si farebbe ben poco”.
Le critiche al modello “emergenziale”. Mentre si attende di capire cosa succederà nell’immediato, si moltiplicano, però, le critiche alla gestione, soprattutto al modello emergenziale, che avrebbe garantito soltanto vitto e alloggio ai migranti senza un reale piano di inserimento. Molti di loro, secondo le associazioni, dopo due anni nel nostro paese non parlano ancora la nostra lingua, quindi è impensabile che siano in grado di trovarsi un lavoro nel nostro paese. “Se queste persone fossero state inserite fin da subito nel sistema Sprar oggi sarebbero state reinserite – sottolinea Flavio Zanonato, responsabile immigrazione dell’Anci – Alcuni di loro, invece, dopo mesi non parlano neanche l’italiano e non hanno nessuna prospettiva”. Anche il coordinamento Chiedo Asilo attacca duramente il programma, denunciando uno spreco di denaro pubblico per la gestione di una situazione ad oggi non risolta. “Siamo arrivati al 28 Febbraio, di proroga in proroga, alla fine di una situazione negativa sia per le persone coinvolte che per l’intero sistema di accoglienza italiano – sottolineano in una nota – . Si sono presentati troppi Enti gestori impreparati o troppo interessati a fare cassa piuttosto che progettare percorsi di integrazione. Troppi richiedenti asilo, rifugiati o titolari di protezione internazionale siano stati intrappolati e abbiano subito loro malgrado decisioni che hanno avuto gravi ripercussioni sulla loro vita”. Intanto in queste ore, si attende una nuova circolare del ministero dell’Interno che fa seguito all’incontro avvenuto mercoledì 26 febbraio con i Comuni, le Province, la Prefettura e alcune delle associazioni maggiormente coinvolte nell’accoglienza. Particolarmente critica la posizione dell’Arci, secondo cui si starebbe valutando essenzialmente la situazione dei minori non accompagnati, mentre per gli altri migranti c’è ancora troppa incertezza. Per questo l’associazione ha deciso di inviare una lettera alle prefetture, per sottolineare “che nei centri sono ancora presenti persone non in grado, una volta fuori, di costruirsi una vita autonoma, anche per le carenze delle autorità rispetto alla dotazione di strumenti in grado di garantire l’effettivo accompagnamento all’integrazione e all’inserimento socio-lavorativo”. Pertanto l’associazione continuerà a fornire i servizi stabiliti dalle convenzioni agli ospiti del sistema Ena che alla data del primo marzo, conclusi i tentativi di concordare l’uscita con il contributo dei 500 euro, si troveranno all’interno dei centri. “Non è infatti compito dei soggetti gestori l’allontanamento o il trasferimento dei profughi dalle strutture, ma anzi associazioni come l’Arci sono tenute, ai sensi del proprio Statuto, a garantirne in ogni caso il rispetto dei diritti umani e la sicurezza sociale”.
Fonte: www.redattoresociale.it