Stranieri discriminati sul lavoro, Uil: “L’Italia ripulisca la sua legislazione”
Aumentano le segnalazioni, soprattutto per problemi d’accesso, ma per la Uil immigrati è una questione di normative non conformi alle direttive europee. Buemi (Unar): “Nel 2012 la percentuale di discriminazione sul lavoro è quasi raddoppiata”
ROMA – In Italia aumentano le discriminazioni nell’accesso e nell’ambito lavorativo, ma non si tratta soltanto di un problema legato agli atteggiamenti dei cittadini, ma anche di norme, alcune perfino anteguerra, che contengono ancora elementi discriminatori non più giustificati dalle direttive comunitarie. È questo il difficile terreno su cui il coordinamento nazionale Uil immigrati, durante un convegno tenutosi questa mattina presso la sede di Roma, ha aperto un dibattito all’interno dello stesso mondo dei sindacati per poter intervenire prima che il nostro Paese sia obbligato a cambiare direzione. “Nel 2012 la percentuale di discriminazione nel mondo del lavoro è quasi raddoppiata – ha spiegato Marco Buemi, esperto dell’Unar -. Siamo al 35 per cento delle denunce totali giunte all’Unar. Dati che pubblicheremo nei prossimi mesi ma che evidenziano un fenomeno importante. Andando più a fondo nel dato della discriminazione sul lavoro, l’accesso al mondo del lavoro ha il 75,5 per cento di denunce”.
Per l’Italia è tempo di cambiare. “L’Italia ha adottato una serie di direttive europee – ha spiegato Giuseppe Casucci, coordinatore nazionale del Dipartimento politiche migratorie della Uil – per cui dovrebbe ripulire tutta la sua legislazione da differenze di trattamento riservato alle persone su base etnica, religiosa o culturale. Va fatto, quindi, un lavoro sulle norme dall’accesso al pubblico impiego, ma c’è anche il discorso dell’accesso alla previdenza, l’accesso ai servizi e tanto altro”. Un passo importante che potrebbe avere effetto anche in altri ambiti. “Se si mette fine a questo tipo di discriminazione – ha spiegato -, poi magari diventa anche più facile spiegare alla gente che non basta la crisi economica per togliere i diritti fondamentali alle persone”.
Tuttavia, in tempo di crisi, all’interno dei sindacati c’è chi storce il muso. “Sul tema del pubblico impiego ci sono resistenze piuttosto forti – ha aggiunto Casucci -, prima di tutto dalle categorie interessate, che difendono il principio che bisogna escludere gli stranieri. Tuttavia, resta il fatto che il sindacato non dovrebbe arrivare al punto di essere obbligato perché ha nascosto la testa sotto la sabbia”. Ma prima delle categorie, c’è un “problema etico e morale”.
“Noi lavoriamo affianco a queste persone – ha aggiunto -, che spesso sono i nostri amici. Per quale ragione dovrebbero essere trattati in maniera differente? Una situazione, questa, che ha leso non solo i diritti degli stranieri, ma anche i nostri”. E non mancano, infatti, i casi eclatanti a livello nazionale che hanno visto gli stranieri esclusi già in partenza. “Nel 2011, l’Istat ha pubblicato un bando sul censimento per posizioni di rilevatori e coordinatori comunali – Marco Buemi, esperto dell’Unar -. Tra i requisiti di questo bando c’era la cittadinanza italiana. L’Unar è intervenuta immediatamente mandando una lettera ai comuni che avevano recepito l’avviso e il 90 per cento di questi comuni ha recepito le nostre osservazioni facendo un nuovo bando allargando a tutti i cittadini dei paesi terzi”. Ma di casi in cui è intervenuta l’Unar ce ne sono diversi, come l’esclusione di alcuni candidati dal concorso del comune di Savona per esperti di comunicazione istituzionale, dove dopo la segnalazione dell’Unar è stato ritirato il bando e presentato uno nuovo e poi “la questione annosa del regio decreto legge del 1931 del trasporto pubblico che dice che il requisito per essere un autista è quello di essere italiano. Parliamo di un decreto fatto prima della seconda guerra mondiale, ma anche qui siamo riusciti a cambiare alcuni avvisi pubblici, come a Genova. Ma un punto su cui stiamo lavorando è quello di chiedere l’abrogazione di decreti ormai obsoleti del sistema giuridico italiano”.
Tra le richieste avanzate dall’Unar, anche quella inviata al Dipartimento per le politiche europee di “prevedere nel prossimo decreto salva infrazione l’inserimento delle norme che ci rimettano in linea con le direttive comunitarie – ha spiegato Buemi -, per consentire a tutti il diritto di accesso ai posti di lavoro, anche nella pubblica amministrazione. In questo modo non avremo il problema di dover rispondere alle infrazioni dell’Unione europea”. Ai sindacati, intanto, il ruolo di garanti dei diritti anche degli stranieri per evitare discriminazioni. “Il sindacato si può fare portatore della difesa dei diritti di persone che vengono trattate ingiustamente nei luoghi di lavoro – ha concluso Casucci -, perché spesso si ha paura di denunciare per paura di essere licenziati e magari espulsi. Il sindacato può farsi garante per far in modo che le persone coinvolte non subiscano vendette per aver denunciato il datore di lavoro per aver impedito di far carriera, o perché obbligava il lavoratore a lavorare in condizioni di pericolosità o con una paga minore”.
Fonte: www.redattoresociale.it