“Ius soli”: ecco chi avrebbe la cittadinanza con il ddl Kyenge
Il 21 marzo l’attuale ministro dell’integrazione aveva depositato alla Camera una proposta di legge firmata insieme a Bersani. Indicati i criteri per l’ottenimento della cittadinanza da parte dei minori nati in Italia da genitori stranieri
ROMA – “Non una priorità del ministero o della ministra ma della società civile”. Così ieri nell’intervista a “In 1/2 ora” di Lucia Annunziata, la ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge ha ribadito la necessità di cambiare la legge sulla cittadinanza, datata 5 febbraio 1991, e di farlo in tempi brevi con un ddl da presentare già nelle prossime settimane. Al centro della riforma ci sarebbe il passaggio dallo “ius sanguinis”(è italiano chi nasce da genitori italiani) allo “ius soli” (è italiano chi nasce in Italia). La ministra non precisa, però, se si tratta di un’acquisizione immediata o piuttosto di uno ius soli temperato. Le sue parole hanno, però, già suscitato diverse polemiche. Intanto oggi Scelta civica ha presentato una proposta di legge sulla cittadinanza breve e con norme che ne facilitino l’acquisizione sia per i minori che per gli adulti, con un uno “ius soli” temperato e un “ius culturae” che la conceda anche dopo un percorso di formazione fatto in Italia.
Uno “ius soli moderato” nella proposta a firma Kyenge. Il 21 marzo scorso, però, è stata depositata alla Camera dal Pd una proposta di legge di riforma a firma Bersani, Speranza, Chaouki e Kyenge. Il testo tratta solo la questione dei minori, un aspetto sul quale già nella precedente legislatura si era tentato di trovare un accordo. In particolare, l’articolo 1 bis sottolinea che può acquisire la cittadinanza italiana chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno è nato in Italia e vi risiede legalmente senza interruzioni da non meno di un anno; chi è nato in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno vi risiede legalmente senza interruzioni da non meno di cinque anni; chi è nato nel territorio italiano da genitori stranieri o vi ha fatto ingresso entro il decimo anno di età a condizione che abbia frequentato un corso di istruzione primaria o secondaria di primo grado o superiore presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale. In sostanza si tratta non di un’acquisizione immediata della cittadinanza alla nascita, ma di uno ius soli temperato, sia per i bambini che nascono da genitori stranieri ma legalmente residenti, sia per i minori che arrivano entro i dieci anni (condizione essenziale è la frequenza di un corso di studi completo).
I tentativi falliti di riforma. Già nel 2012 la normativa basata sullo ius sanguinis sembrava destinata ad andare in pensione, complice un clima politico cambiato ma anche un rinnovato interesse della società civile. Ma nonostante le campagne di pressione di diverse associazioni, e il parere favorevole di alcuni esponenti del governo Monti la legge è rimasta invariata. Lo stesso ex-ministro della Cooperazione internazionale e dell’integrazione, Andrea Riccardi, aveva espresso il suo rammarico per questa “occasione persa” imputando la causa “non al Governo ma al Parlamento”. Fino alla fine, però, dopo più di tre anni, la Camera ha cercato una mediazione possibile. Un primo tentativo, tra mille difficoltà, c’era stato infatti nel settembre 2009, ma si era concluso nel gennaio 2010 con un rinvio dall’aula alla commissione a causa della netta contrarietà di Pdl e Lega all’introduzione dello ius soli nell’ordinamento italiano. Questa volta si è cercata la trattativa soprattutto sulla questione dei minori, mentre si è scelto di tralasciare la parte che riguarda la cittadinanza breve per gli adulti (questione su cui l’aula si arenò due anni fa). Alle due relatrici Sesa Amici (Pd) e Isabella Bertolini (Pdl) a fine luglio, era stato dato mandato di arrivare a un testo unificato tra le nove proposte attualmente depositate: una di Aldo Di Biagio (Fli); una dell’Udc a firma Pierluigi Mantini; due del Pdl a firma Sbai e Cazzola; tre del Pd (a firma Bressa, Turco e Vassallo); una dell’Idv a firma David Favia; una di iniziativa popolare della Regione Marche fatta propria dal partito di Di Pietro. Ma il compito della sintesi, avevano ammesso entrambe le relatrici, era arduo visto che “le posizioni sono ancora distanti”. Il Pd (appoggiato da Idv, Udc e Fli), è per uno ius soli temperato mentre Pdl, così come la Lega, è da sempre nettamente contrario. E di fatto la proposta si è arenata in un vicolo cieco. La stessa Bertolini ha dichiarato in aula che allo stato attuale, non vi sono i presupposti per giungere alla definizione di un testo unificato condiviso.
Un milione di minori stranieri, il 72% degli italiani favorevole alla cittadinanza. Secondo il rapporto dell’Anci “Da residenti a cittadini” sono circa un milione (993.238) i minori con cittadinanza straniera regolarmente residenti in Italia, con un incremento dal 2000 a oggi pari al 332%. Se la quota della popolazione straniera sul totale dei residenti (italiani e stranieri) è attualmente del 7,5%, i minorenni rappresentano il 21,7% della popolazione straniera (4.570.317) e il 9,7% del totale dei minori (italiani e stranieri). Un pezzo consistente di popolazione considerata straniera, a cui la maggioranza degli italiani è favorevole a concedere il diritto di cittadinanza. Lo dice il rapporto Istat. Il 72% degli intervistati per la rilevazione “I migranti visti dagli italiani” è favorevole all’acquisizione per i figli di stranieri nati nel Paese. La quasi totalità delle risposte sottolinea che sia giusto dare la cittadinanza agli immigrati che ne fanno richiesta dopo un certo numero di anni di residenza regolare in Italia. Sono sufficienti 5 anni per il 38% dei rispondenti, 10 per il 42%, 15 anni per il 10% degli intervistati. Un residuale 8 % ritiene che non debba essere mai concessa la cittadinanza.
Fonte: www.redattoresociale.it
Continuate così, bravi!