I Cie sono peggio delle carceri
di Marisa Carone
ROMA. 13 maggio 2013 – Forse già il nome, Centri di identificazione ed espulsione avrebbe dovuto far riflettere, ma c’è voluta un’indagine compiuta nell’arco di un anno dalla onlus Medici per i Diritti Umani (Medu),
attraverso visite sistematiche in tutti i Cie, dopo il prolungamento, nel 2011, dei tempi di trattenimento a 18 mesi per concludere che si tratta di «strutture congenitamente incapaci di garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona». È la sintesi tracciata dal Rapporto “Arcipelago Cie”, un dossier di oltre 200 pagine presentato oggi a Roma dalla Medu, dopo quattordici visite agli undici Centri di permanenza italiani, da febbraio 2012 a febbraio 2013. Il monitoraggio ha fatto luce su strutture che non avrebbero nulla da invidiare ad una prigione sabauda. Anche se non sono ritenute strutture carcerarie, in realtà i Cie ne hanno tutte le caratteristiche: dalle sbarre alle stanze prive di riscaldamento con i vetri delle finestre perennemente danneggiati, dalla presenza delle forze dell’ordine all’impossibilità di accesso per il personale del Servizio sanitario nazionale. «Ci occupiamo dei centri per il trattenimento degli immigrati irregolari dal 2004 – ha spiegato il coordinatore dell’indagine, Alberto Barbieri – e queste strutture appaiono come un buco nero per i diritti umani e l’accesso alla salute». Non è raro, ad esempio, che malattie gravi vengano diagnosticate in ritardo e quindi non ricevano le cure adeguate. Secondo Barbieri e Medu «I Cie si confermano dunque strutture congenitamente incapaci di garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona». Medici per i Diritti Umani chiede dunque «la chiusura di tutti i Cie italiani»e la riduzione a misura eccezionale, o comunque del tutto residuale, del trattenimento dello straniero ai fini del suo rimpatrio. Infatti, appare quanto mai evidente che l’insieme dei costi economici necessari ad assicurare la gestione, la sorveglianza, il mantenimento e la riparazione di queste strutture (nel 2011 18,6 milioni di euro solo per la gestione) non è commisurato ai “modesti risultati” conseguiti nel contrasto all’immigrazione irregolare: nel 2012 sono stati 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti negli undici centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia. Di questi solo la metà (4.015) sono stati effettivamente rimpatriati con un tasso di efficacia (rimpatriati su trattenuti) del 50,54%. Con l’estensione della durata massima del trattenimento da 6 a 18 mesi (giugno 2011) le espulsioni sono aumentate solo del 2,3% rispetto al 2010, anno in cui il limite massimo per la detenzione amministrativa era ancora di sei mesi. Rispetto al 2011, l’incremento del tasso di efficacia è stato solo dello 0,3%. L’istituzione dei Cie rappresenta una vera e propria anomalia nel sistema giuridico italiano, all’interno del quale la detenzione è prevista solo a seguito della violazione delle norme penali. Questo dimostra come i centri siano sorti non in seno ad un piano razionale, quanto piuttosto ad una misura emergenziale. «La chiusura dei Cie, nell’ambito di un profondo ripensamento delle politiche sull’immigrazione – conclude l’organizzazione – potrebbe essere l’occasione per il nostro Paese di segnare un nuovo cammino di progresso civile».
Fonte: www.italiasudsanita.it