I missionari per i migranti
Fonte: www.misna.org
Con il titolo “20 Giugno, Giornata Mondiale del Rifugiato: Permessi di soggiorno in nome di Dio”, i Missionari Comboniani di Castelvolturno (Caserta) hanno varato un’iniziativa annunciata nel seguente comunicato:
“Dopo avere parlato con varie associazioni – e ci scusiamo con quelle con cui non siamo riusciti ad entrare ancora in contatto – insieme abbiamo deciso di organizzare una manifestazione contro il pacchetto sicurezza attualmente in discussione. Riteniamo importante che questa manifestazione avvenga il 20 Giugno, Giornata Mondiale del Rifugiato. In quel giorno ogni associazione potrà organizzarsi secondo le situazioni e gli interessi locali. A questo nostro comunicato seguiranno maggiori informazioni. Attraverso questa iniziativa invitiamo tutte le associazioni, movimenti, singoli che operano attivamente nei propri territori a distribuire Permessi di soggiorno in nome di Dio. Con questa azione vogliamo dire il nostro no alle attuali politiche sull’immigrazione. questa è un’azione che parte dal diritto di ogni persona ad esistere, ad essere rispettata nella sua umanità, nella sua ricerca di vita democratica e libertà. Il diritto a costruire un futuro per sé e per i propri figli. Oggi questo mondo chiede, e noi che ci consideriamo colti e civilizzati siamo chiamati a rispondere, di rispettare quei valori che da anni proclamiamo. Contattate i gruppi nelle vostre città. Insieme vogliamo costruire questa manifestazione secondo le diverse esigenze locali. Vi chiediamo di inviare suggerimenti e consigli. Siamo anche disponibili ad un confronto con le autorità locali. L’entusiasmo e l’adesione trovata fornisce uno stimolo a realizzare questa manifestazione come momento di presa di posizione decisa contro le disposizioni governative espresse nel pacchetto sicurezza. L’inizio di un lavoro di ricerca e di confronto a tutti i livelli dove tutti noi, associazioni e movimenti, siamo coinvolti e impegnati collettivamente. Continueremo il dialogo con altre associazioni che per mancanza di tempo non siamo riusciti a contattare, invitando anche voi ad estendere l’adesione ad altre associazioni e gruppi. Perchè “In nome di Dio”? Riteniamo che in una società come la nostra frazionata, divisa in molti modi in cui il nome di Dio viene usato in mille modi, spesso per interessi politici ed economici, Dio stia dalla parte dei più deboli e indifesi”.[PMB]
La Commissione Giustizia e Pace della Cimi (Conferenza degli istituti missionari italiani) ha fatto pervenire alla MISNA una sua lettera intitolata “Ladri di futuro e il libro dell’ospitalità”. Ecco il testo integrale:
“Non vogliamo essere tra i complici di questo furto! Non accettiamo e mai accetteremo che il nostro paese continui a rubare vite e futuro alle storie di migliaia di migranti. Noi missionari abbiamo visto il mondo dall’altra sponda del Mediterraneo e ci è stato donato di udire e toccare speranze e miserie. Di queste ultime le cause sono spesso da rintracciare in questa sponda del mare. Lo sfruttamento delle risorse, la produzione e vendita di armi, l’iniquità del sistema economico e gli interessi politici dei potenti, congiurano per creare le condizioni dell’impoverimento dei popoli. Per questo ci tradiremmo se passassimo sotto silenzio quanto sta accadendo nel nostro paese. In lettere precedenti abbiamo avuto modo di denunciare le derive democratiche ed i meccanismi di esclusione che colpiscono le fasce più vulnerabili della nostra società. Tra queste hanno per noi particolare eloquenza i migranti e specialmente coloro di origine africana. Denunciavamo il ‘virus’che ha seriamente infettato lo sguardo e lo spirito di porzioni significative della nostra società italiana. Ciò ha stravolto la complessità del fenomeno migratorio costituito da persone che chiedono di costruire un altro futuro. Ribadiamo che il processo migratorio non può e non deve essere contrabbandato come problema di ordine pubblico e dunque inserito nell’ambiguità del fuorviante discorso sulla sicurezza. Riteniamo che sia un grave crimine rubare la dignità e la storia di chi, come i migranti, incarna la speranza in un futuro differente per tutti. Essi ci troveranno sempre e comunque dalla loro parte per scrivere con loro una storia per tutti. Ogni volto che incontriamo è anche il racconto del nostro cammino come singoli e come società. In realtà i migranti raccontano di noi e del nostro mondo! L’unico libro quindi che dovremmo scrivere è quello dell’ospitalità ricevuta gratuitamente e ora in dovere di donarla a piene mani. La lettera vera è quella che la gente ha scritto in noi, missionari migranti in Africa ed altrove. Siamo stati ‘scritti’ dai volti e dalle storie che qui da noi, da tempo ormai, vengono spesso respinte”.
[PMB]
[Dalla Cimi, la Conferenza degli Istituti Missionari, la MISNA ha ricevuto anche un documento insolito e vibrante che viene così presentato:”Carissime sorelle e fratelli, nell’ultimo nostro incontro ci siamo lasciati interrogare dagli eventi che stiamo vivendo nel nostro paese a proposito dei respingimenti in Libia compiuti dal nostro governo. Ci sono state reazioni di ogni tipo. Anche noi volevamo proporre riflessioni che aiutassero a discernere e quindi a cambiare il nostro stile di vita e di presenza. Vi proponiamo questo testo di suor Adele Brambilla, Superiora generale delle Missionarie Comboniane, che, significativamente intitolato “Dov’è tuo fratello? Son forse io il custode di mio fratello”, potrebbe essere anche oggetto di meditazione e di preghiera. Ci siamo ritrovati bene in esso. Vi chiediamo anche di diffonderlo! Lo Spirito Santo ci allarghi il cuore e la vita perché il Regno di Dio è fatto di inclusione, mai di esclusione. Buona lettura].
“Mi trovavo in Spagna quando appresi la notizia del respingimento, deciso dal Governo italiano, di alcune imbarcazioni di immigrati che tentavano di approdare sulle coste Italiane. Nell’impossibilità di fare qualcosa di concreto, ho deciso di scrivere queste righe,… almeno per sottrarmi al silenzio inquietante in cui questo tragico evento è stato accolto dalla società civile.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
La mattina del 6 maggio, tre imbarcazioni con 227 persone a bordo hanno lanciato un allarme di soccorso mentre si trovavano a circa 35 miglia a sud dell’isola di Lampedusa. Una disputa tra il governo maltese e quello italiano su chi avesse la responsabilità d’intervenire ha ritardato le operazioni di soccorso, alla fine intraprese da due navi della guardia costiera italiana, che hanno poi ricondotto i migranti a Tripoli in Libia senza fermarsi in un porto italiano. Le notizie da tutte le agenzie del mondo si sono subito rincorse come viene qui riportato, ma nulla è stato fatto per contrastare un evento funesto, foriero di scenari non certo rassicuranti.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
Dopo aver capito di essere diretti non in Italia ma in Libia, i rifugiati urlavano ai presunti soccorritori: “Fratelli aiutateci”. Un marinaio della nave che aveva raccolto i profughi confessa: … non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli di accompagnarli in Libia e l’abbiamo fatto. Ma non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno”. Ce ne vergogniamo tutti, impotenti e impressionati di fronte a questa straziante immagine.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
Una delle tre barche salvate dal naufragio si trovava in mare da 6 giorni, a bordo anche 41 donne, di cui 3 in stato di gravidanza. Vi erano anche bambini sui barconi… “ E’ legittimo presumere secondo – Save the Children – la presenza di bambini tra i migranti rimandati in Libia, ai quali pertanto non sarebbe garantita protezione, così come previsto dalla Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ratificata dall’Italia”.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
Tutto il mondo è rimasto sconvolto da questa mossa inaudita. Dal Pontificio Consiglio per i Migranti al Sir, dalla Caritas all’Osservatore Romano: la preoccupazione è unanime. «La normativa internazionale prevede che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino a che non ci sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano considerati rifugiati presunti». A ricordarlo è monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti. Sulla stessa linea il Servizio informazione della Chiesa italiana che, citando Quyen Ngo Dinh, presidente della Commissione migrazioni di Caritas Europa e responsabile dell’area immigrati della Caritas di Roma, scrive che «qualsiasi respingimento in mare lede il diritto d’asilo» e definisce “una vergogna” il fatto che siano state respinte persone che «hanno già subito delle persecuzioni nei rispettivi paesi». Dal canto suo anche l’Osservatore Romano ricorda che «anzitutto la priorità del dovere di soccorso nei confronti di chi si trova in gravi condizioni di bisogno» e che «i migranti devono poi essere ricoverati presso strutture che possano fornire adeguate garanzie di assistenza e di rispetto dei diritti umani».
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
“Si tratta di una violazione gravissima del diritto internazionale: i naufraghi, intercettati a largo delle acque maltesi, sono stati ricondotti in Libia senza nemmeno procedere alla loro identificazione. E mentre la Commissione europea fa sapere di attendere maggiori dettagli prima di pronunciarsi sui respingimenti, la portavoce italiana dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, ribadisce che l’Italia, rimandando in Libia gli immigrati in navigazione verso Lampedusa, ha violato il diritto internazionale.” (Continua)
[PMB]
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
“È un episodio senza precedenti” – afferma Padre La Manna, presidente del Centro Astalli dei Gesuiti in Roma – “Su quelle imbarcazioni c’erano donne, minori e, con tutta probabilità, richiedenti asilo che avevano il diritto di essere accolti e soccorsi nel paese più vicino. Il principio di non respingimento e il diritto alla protezione internazionale sanciti dalla Convenzione di Ginevra sul riconoscimento dello status di rifugiato sono stati palesemente violati dal governo italiano. Esprimiamo grave e seria preoccupazione per la sorte delle persone rimandate in Libia a cui si aggiunge profondo sconcerto e dolore per le pubbliche manifestazioni di esultanza di alcuni organi di governo. Il respingimento coatto in Libia di uomini, donne e bambini operato dalle autorità italiane è assolutamente inaccettabile. Senza aver avuto la possibilità di presentare domanda d’asilo, questi migranti ora rischiano di subire maltrattamenti oppure di essere riconsegnati ai loro persecutori.”
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
“In Libia, persone che hanno conclamato diritto alla protezione internazionale continuano ad essere detenute e rimpatriate. Migranti e rifugiati che arrivano a Malta descrivono ripetutamente di essere stati detenuti per mesi in Libia, in condizioni spaventose, e di essere stati gravemente malmenati per aver violato la legge sull’immigrazione. Tali testimonianze sono avvalorate da rapporti del Unhcr (organismo Onu per i rifugiati) e di Amnesty International.”
“L’iniziativa dell’Italia viola apertamente la Convenzione Europea dei Diritti Umani, il diritto d’asilo così come è formulato nell’Articolo 18 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e la Direttiva Europea sulle Procedure d’Asilo. Tutti gli Stati europei sono vincolati all’osservanza di questa legislazione internazionale e del principio di non-refoulement (respingimento); che afferma che nessuno può essere respinto in Paesi in cui possa essere esposto al rischio di subire tortura e punizioni o trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Anche noi, scioccate e allibite da quanto è successo facciamo nostra la voce di molte associazioni, una voce che trova la sua espressione nella dichiarazione del JRS che chiede Stati Membri dell’Unione Europea di garantire che: tutti i richiedenti asilo nella loro giurisdizione effettiva abbiano accesso a un territorio dove possano presentare domanda d’asilo, in modo che tutti coloro che necessitano protezione possano essere identificati e a vedere riconosciuto il loro diritto; nessuno sia respinto in un paese dove potrebbe subire gravi violazione dei diritti umani.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
Di fronte a questa parola di Luca istintivamente ci domandiamo, quasi meravigliandoci: perché, in quella notte, non c’era posto per loro? Perché il mondo non l’ha riconosciuto? Perché i suoi non l’hanno accolto? Eppure ci rendiamo conto che anche oggi si ripete questo dramma: la politica del negare l’accoglienza, del respingimento, del muro impenetrabile, delle barriere che invocando la giustizia, arrivano a considerare legale respingere, spingere oltre, affidare all’ignoto, al pericolo, alla possibilità di un ritorno senza ritorno, la vita di tanti nostri fratelli e sorelle senza che ciascuna di noi personalmente, le nostre comunità, la società intera ne parli, si interroghi e giunga a unirsi in una concreta presa di posizione.
“Non c’era posto per loro” Sì, in questa Parola ci dobbiamo tutti sentire coinvolti e colpevoli. L’umanità dell’attesa porta il nostro grido e il silenzio anche il nostro nome. Dio ha gridato nella notte anche a ciascuno di noi. Ma da che parte sta il mio cuore? Nel silenzio della notte, mentre lo strazio dei profughi illusi e beffati ancora una volta diventa grido di dolore, c’è una domanda che ripercorre il tempo dei secoli: “Dov’è tuo fratello?” … “… Son forse io il custode di mio fratello?” (Genesi 4,9) Dopo millenni di storia, di civiltà, di evangelizzazione, è ancora questa la nostra risposta?
[PMB]