Ocse: la crisi economica frena i flussi migratori.
Fonte: www.immigrazioneoggi.it
Brusco calo di arrivi nei Paesi più colpiti dal crack finanziario. Aumentano i disoccupati stranieri nell’area. L’organismo bacchetta l’Italia per le lentezze burocratiche nella concessione dei permessi per lavoro e per la politica di “quote zero” per il 2009.
Per la prima volta dagli anni ’80, la crisi economica sta verosimilmente per provocare un forte calo del numero degli immigrati che arrivano per lavoro nell’area Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Un fenomeno, questo, che si osserva già in Spagna, in Irlanda e nel Regno Unito, Paesi che furono tra i primi ad essere colpiti dalla recessione.
È quanto emerge dal rapporto “Prospettive delle migrazioni internazionali” diffuso dall’Ocse nella Conferenza politica sulle migrazioni che si è conclusa ieri a Parigi.
Nel Rapporto si evidenzia come il calo dell’attività economica nell’area (PIL -4,3% nel 2009) colpisce soprattutto i lavoratori immigrati.
“I datori di lavoro – si legge – sono più reticenti ad assumere lavoratori immigrati che sono i primi ad essere licenziati. La crescita della disoccupazione ha reso più forte la concorrenza sul mercato del lavoro con i lavoratori locali. Di conseguenza il tasso di disoccupazione degli immigrati è aumentato più velocemente rispetto a quello dei lavoratori locali”.
Nell’ultimo anno, il livello di disoccupazione della popolazione immigrata è quasi raddoppiato in Spagna, in Irlanda e nel Regno Unito. Nel primo trimestre del 2009, si rileva nel rapporto, “il tasso di disoccupazione degli immigrati in Spagna era del 27,1% contro il 15,2% per i lavoratori locali”. E, in conseguenza dell’aumento del tasso di disoccupazione dei lavoratori immigrati e dell’inasprimento delle politiche migratorie, sta diminuendo l’afflusso di lavoratori immigrati nei Paesi dell’Ocse. Quest’anno, osserva l’organizzazione internazionale con sede a Parigi, “l’Australia ha registrato un calo dei lavoratori immigrati temporanei qualificati di oltre il 25% nei primi quattro mesi del 2009. Nel Regno Unito e in Irlanda, l’immigrazione in provenienza dei nuovi Stati membri dell’Ue è diminuito di metà”. Anche gli Usa hanno visto una flessione nelle domande di visto per lavoro temporaneo, passate da 154 a 129 mila.
Una crisi che segna decisamente il passo rispetto alla tendenza emersa nell’ultimo quinquennio che ha visto nei Paesi Ocse – Italia, Spagna e Irlanda in particolare – il 40% dell’aumento di posti di lavoro dipendere dall’impiego di immigrati.
Secondo il Rapporto, negli ultimi 5 anni l’area degli Stati membri ha registrato una crescita occupazionale sostenuta, con la creazione di oltre 30 milioni di posti di lavoro tra il 2003 e il 2007 (20 milioni in Europa). Nel corso di questo periodo, la crescita annuale ha segnato un aumento dell’1,5% (2,5% in Europa), mentre la disoccupazione è diminuita dal 6,9% al 5,6% (dal 9,1% al 6,9% in Europa). È proprio in questo contesto che il ruolo degli immigrati nell’aumento dei posti di lavoro è stata rilevante.
Cartellino rosso per l’Italia invece in quanto ad efficienza amministrativa dove, per il rilascio dei permessi di lavoro, occorrono in media due mesi di attesa, contro una settimana della Gran Bretagna e della maggior parte degli altri Paesi.
A margine dei lavori, il direttore generale dell’Ocse, Angel Gurria, ha dichiarato ai giornalisti che “bisogna lottare contro le decisioni politiche che, per quanto riguarda il mercato del lavoro, chiudono la porta agli immigrati”.
“Nessun Paese ha detto che chiuderà le porte – ha osservato Gurria. – Ma per esempio l’Italia, che aveva 150.000 posti di lavoro per gli immigrati, li ha ora ridotti a zero, l’Australia li ha ridotti del 20%. Si assiste di fatto ovunque a condizioni più dure sulla disponibilità aritmetica all’impiego degli immigrati, ma anche ad atteggiamenti più duri. Si è già visto per esempio alle ultime elezioni europee, con l’affermazione di posizioni estreme anti-immigrazione”.
(Al. Col.)