I lombardi alla prima crociata. Sui luoghi di culto
di Maurizio Ambrosini
La regione Lombardia ha approvato una nuova legge sui luoghi di culto. Costruirne uno comporterà molti e costosi adempimenti. E comunque si potrà sempre indire un referendum per impedirlo. Probabile la bocciatura sul piano della costituzionalità. Ma l’obiettivo potrebbe essere simbolico e politico.
LA LEGGE SUI LUOGHI DI CULTO IN LOMBARDIA
Il 27 gennaio, giorno della memoria, il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una nuova legge sui luoghi di culto («Principi per la pianificazione delle attrezzature per i servizi religiosi»), che ha fatto e farà discutere. Della legge, proposta dalla Lega Nord, approvata con i voti della maggioranza di centro-destra e avversata da Pd, Sel e Movimento5Stelle, non è ancora disponibile il testo definitivo, anche perché l’Ufficio legislativo della Regione Lombardia ha ravvisato «profili di criticità».
Il senso delle norme appare comunque abbastanza chiaro: la legge impone a chi intenda realizzare nuovi luoghi di culto di installare impianti di video-sorveglianza – obbligatori – collegati con le forze dell’ordine, di costruire parcheggi per una superficie pari al 200 per cento di quella dell’immobile adibito ai servizi religiosi e altri vari adempimenti.
I progetti dovranno anche «rispettare il paesaggio lombardo», espressione non chiarissima, ma che sembra alludere al divieto di realizzare architetture espressive di altre tradizioni culturali o forse manufatti come i minareti, che nella vicina Svizzera sono stati vietati da un apposito referendum. D’altra parte, anche i comuni lombardi potranno indire referendum consultivi sulla costruzione di luoghi di culto.
La nuova norma lombarda è stata ribattezzata legge anti-moschee, ma in realtà riguarda tutte le confessioni religiose, compresa quella cattolica. Difficilmente, infatti, potrebbe passare il vaglio di costituzionalità una norma che mirasse a introdurre vincoli per una sola religione. Così come è avvenuto in Francia con la controversa legge sui simboli religiosi nelle scuole: per vietare veli e foulard delle alunne mussulmane, sono state introdotte norme che colpiscono anche cattolici, ebrei e seguaci di altre religioni. E dunque, anche in Lombardia, la nuova legge complicherà il cammino di tutti coloro che intendono realizzare nuove strutture per il culto.
Significative le motivazioni indicate dai proponenti, che hanno dichiarato di «voler garantire sicurezza ai cittadini e difendere l’identità» (da Avvenire del 28 gennaio 2015). A poche settimane dagli attacchi di Parigi, la maggioranza politica regionale ha quindi voluto lanciare un duplice messaggio: alla rivendicazione della difesa delle radici culturali del territorio, si è coniugata la preoccupazione securitaria.
Tra le più immediate ripercussioni, va segnalata la recrudescenza dello scontro politico al comune di Milano, che dopo anni di gestazione sta per lanciare un bando per la realizzazione di nuove sale di preghiera per le comunità islamiche: l’unica ufficialmente riconosciuta è quella di Segrate, gli altri luoghi di culto sono improvvisati o non autorizzati. In viale Jenner il venerdì si prega per la strada, in via Padova in un locale riadattato in qualche modo.
TRA DIRITTO E PRAGMATISMO
Tra i commenti, merita di essere considerato quello di Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia: «Si tratta di norme platealmente anticostituzionali che minano la libertà di culto, discriminano i cittadini appartenenti alle confessioni religiose diverse da quella cattolica, violano la privacy su una materia delicata e sensibile quale l’appartenenza e la pratica religiosa». Evidentemente il timore è che nei fatti le norme condizionino soprattutto le confessioni non cattoliche: sembra difficile immaginare un referendum locale contro la costruzione di una nuova parrocchia cattolica.
Gli esperti di diritto discuteranno se le nuove norme rispettano la libertà di culto: una libertà fondamentale, costituzionalmente garantita, non subordinabile a qualche principio di reciprocità. Si può però ricordare che le norme urbanistiche sono uno degli strumenti utilizzati in alcuni paesi per vietare l’edificazione di chiese cristiane. Così pure la possibilità che la maggioranza si pronunci con il voto sulla facoltà delle minoranze di esercitare la libertà di culto in un certo territorio fa pensare a scenari di differenziazione dei diritti e delle libertà civili.
Si poi ci poniamo in una prospettiva pragmatica, bisogna ricordare che non è che oggi i mussulmani o altre minoranze rinuncino a incontrarsi per svolgere pratiche religiose. Si stima che in Italia vivano circa 1,6 milioni di mussulmani, un terzo del totale degli immigrati (Dossier statistico immigrazione 2014). E sono attive centinaia, forse migliaia, di sale di preghiera islamiche. Il punto è che il culto e le attività che lo circondano vengono svolte in maniera precaria, per forza di cose semi-clandestina, non monitorata e difficilmente controllabile, sotto la guida di responsabili religiosi che non hanno seguito itinerari formativi verificabili. In Francia e in Germania, lo Stato investe denaro pubblico per formare personale religioso mussulmano con programmi concordati che prevedano la conoscenza della lingua, delle leggi e delle istituzioni nazionali. Si tratta di decidere se preferiamo garantire libertà fondamentali, discutendo e verificando il loro esercizio secondo modalità trasparenti e controllabili, oppure favorire di fatto l’immersione nella semi-clandestinità dell’Islam e delle altre religioni minoritarie.
Alle spalle di questo problema, ne spunta un altro: in Lombardia e in altre regioni, avvocati battaglieri e magistrati indipendenti hanno fatto tabula rasa di tante altre ordinanze e regolamentazioni locali anti-immigrati. Ne è rimasto un alone propagandistico. I sindaci hanno potuto far parlare di sé e presentarsi ai cittadini-elettori come coloro che si sono battuti per difenderli dall’invasione degli stranieri. Anche in questo caso l’obiettivo potrebbe essere simbolico e politico, mettendo in conto una possibile e forse probabile bocciatura sul piano della costituzionalità.
Fonte: www.lavoce.info