Processi ai clandestini alla sbarra c’è solo il caos
Fonte: www3.lastampa.it
I legali: “La macchina giudiziaria non è attrezzata”
di RAPHAEL ZANOTTI
Torino: La procura della Repubblica di Torino, d’ora in avanti, considererà la clandestinità solo un’aggravante nei casi di persone arrestate per altro reato. L’obiettivo è quello di evitare un doppio processo che non sarebbe sostenibile con le attuali risorse degli uffici giudiziari. Lo ha annunciato ieri mattina il viceprocuratore onorario Cristina Cipolla nel corso della prima udienza davanti al giudice di pace per il nuovo reato di clandestinità introdotto di recente dal governo. L’annuncio ha fatto sì che molti dei casi che si sarebbero dovuti trattare ieri siano stati rinviati. «Il mio assistito è uno straniero arrestato per spaccio di droga – spiega l’avvocato Pierfranco Bottacini -. Il processo per lo stupefacente non è ancora stato celebrato. Ma è chiaro che se la procura vuole contestare, in quella sede, la clandestinità come aggravante, il mio cliente non può subire un secondo processo per quel reato. Per questo, si rinvia».
Peccato che ieri, per un verso o per l’altro, tutti i processi previsti siano stati rinviati. Difetti di notifiche, nomine di avvocati che saltavano, eccezioni sollevate. Il campionario è vastissimo e sembrano spuntare paradossi legali dietro ogni angolo. Nei dieci processi in trattazione ieri mattina, per esempio, è spuntato fuori anche il caso di un extracomunitario che, a detta del suo legale, sarebbe addirittura minorenne. Essendo clandestino, sarà necessario controllare. Ma l’avvocato giura che in un recente procedimento la cosa è stata ampiamente dimostrata. Se così fosse, il suo assistito non potrà essere espulso.
Gli avvocati presenti ieri denunciano: «La mattinata ha già dimostrato quello che diciamo da tempo: c’è un iper burocratizzazione, si sta seppellendo di carte i tribunali. Hanno raddoppiato il processo e ci sono serissimi problemi con le notifiche e di contrasto con norme preesistenti che creano situazioni paradossali. E per cosa?».
Per l’avvocato Roberto Brizio, che ieri difendeva un suo cliente accusato di cessione di sostanze stupefacenti «nessuno lo dice, ma alla fine di questo percorso, si otterrà l’effetto contrario. Il processo davanti al giudice di pace si conclude, in caso di condanna, con una pena pecuniaria. Ma questi clandestini nella migliore delle ipotesi, non hanno quei soldi. Succederà che il magistrato di sorveglianza dovrà aprire un nuovo procedimento, altre carte, per trasformare la pena pecuniaria in libertà controllata. Cosa significa? Divieto di allontanarsi dal comune di residenza, obbligo di firma alle forze dell’ordine, sospensione dei documenti validi per l’espatrio. In pratica, li obblighiamo a restare sul territorio italiano».