Proposta di “re-insediamento” di rifugiati in uno stato dell’ue
BRUXELLES (Migranti-press 39) – Nei giorni scorsi la Commissione Europea ha elaborato e illustrato un possibile “Programma comune di reinsediamento”, inteso ad “offrire protezione ai rifugiati, aumentando la cooperazione politica e pratica tra i Paesi membri” dell’UE. Ora il testo passa al vaglio dei 27 Stati dell’Unione. È una iniziativa originale e, sotto certi aspetti, coraggiosa, che si aggiunge ad altri impegni dei Paesi dell’UE già assunti o in fase di definizione. È un impegno assunto già con la ratifica della Convenzione di Ginevra del 1951 quello di non respingere e di esaminare la richiesta di asilo di chi si presenta sul proprio territorio. È in fase di discussione la richiesta pressante da parte dei Paesi UE che si affacciano sul Mediterraneo, e in particolare di Malta e Italia, che tutti gli Stati membri si sentano corresponsabili e condividano gli oneri non solo economici per l’accoglienza di quanti approdano sulle sponde del Mediterraneo o vi sono diretti. Il “reinsediamento” invece è il trasferimento di individui da un Paese dove hanno trovato asilo provvisorio ad altro paese, dove possono trovare protezione permanente. Si pensi ai milioni di africani costretti a fuggire dal loro Paese e rifugiarsi in un Paese in un Paese vicino, che però si trova in condizioni di depressione economica che non gli consente di dare asilo stabile a una grande quantità di rifugiati; si pensi soprattutto alla condizione, in tali circostanze, di donne incinte e di minori. Il ritorno al paese di origine sarebbe la soluzione da privilegiare, ma nella maggior parte dei casi non è un’opzione possibile; e l’unica possibilità rimane il re-insediamento in altro Paese. Di questo problema si sta parlando in seno all’Unione Europea. Jacques Barrot, Commissario per il settore libertà, sicurezza e giustizia, ha dichiarato: “Oggi la Commissione compie un passo importante, che dimostra una solidarietà concreta con i paesi terzi che ospitano alti numeri di rifugiati. “Il reinsediamento interviene come estrema risorsa – ha spiegato Barrot -, quando il rifugiato non può tornare nel paese di origine né rimanere nel paese terzo ospitante in condizioni di sicurezza. Molti di questi casi riguardano persone vulnerabili, come bambini, donne sole con figli”, soggetti “che hanno subito traumi o che sono gravemente malati”. Secondo l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR), dei circa 10 milioni di rifugiati nel mondo, circa 200mila avranno necessità di essere reinsediati nel solo 2010. Barrot ha chiarito che “varie attività collegate all’identificazione dei rifugiati da reinsediare e alla loro accoglienza saranno svolte congiuntamente dagli Stati membri e saranno sostenute dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo. Inoltre gli Stati membri resteranno liberi di decidere se partecipare o meno al reinsediamento e, in caso positivo, quanti rifugiati reinsediare”. I numeri fanno riflettere: nel 2008 dei 747.000 rifugiati in attesa di reinsediamento solo 66.000 hanno trovato una nuova collocazione e di questi appena 4,378 nell’UE. Il reinsediamento di rifugiati “va distinto – ha spiegato il Commissario Barrot – da quello di rifugiati da uno Stato membro a un altro per scopi di solidarietà intracomunitaria”, dei quali si parla in questi giorni in relazione agli sbarchi che si verificano sulle coste mediterranee, con particolare riferimento a Malta e Italia, Paesi che più volte hanno alzato la voce perché i richiedenti asilo che approdano sulle loro coste siano equamente distribuiti fra gli Stati membri dell’UE.