L’agricoltura vive dei lavoratori stranieri
Fonte: www.misna.org
Dal Piemonte alla Calabria, l’agricoltura italiana non può fare a meno degli immigrati: il dato emerge con forza da un rapporto dell’Istituto nazionale dell’economia agraria (Inea), che sottolinea anche la “complementarità” del contributo offerto dai lavoratori stranieri. Secondo lo studio, intitolato “Gli immigrati nell’agricoltura italiana”, negli ultimi 20 anni la presenza degli stranieri nel settore primario è aumentata in modo sostenuto fino alle attuali 170.000 unità. La ricerca è concentrata su Piemonte, Toscana, Puglia e Calabria, ed evidenzia differenze significative tra le regioni centro-settentrionali e meridionali. I rapporti di lavoro regolari, ad esempio, costituiscono il 70% del totale a livello nazionale ma nel nord raggiungono il 90% e nel sud appena il 36. A condizioni di lavoro nel complesso buone in Toscana e Piemonte, si sostiene nel rapporto, hanno contribuito negli ultimi 10 anni interventi “capillari” delle forze dell’ordine e “sanzioni elevate per il lavoro nero”. In Calabria, sottolineano invece i ricercatori, “tutti sanno ma nessuno denuncia”. Durante la presentazione dello studio, oggi a Roma, il presidente di Inea Lino Carlo Rava ha evidenziato che la maggior parte dei lavoratori stranieri impiegati nell’agricoltura sono “stagionali”, indispensabili in fasi particolari dell’attività produttiva o durante la raccolta. Nonostante il grave problema del lavoro nero, in alcuni casi gli immigrati riescono a integrarsi con successo e addirittura ad avviare attività in proprio. Secondo Rava, “fra il 3 e il 4% degli immigrati diventano titolari di aziende e quindi imprenditori”