“Perché i piccoli migranti non scuotono il mondo come i bambini thailandesi?”
In una lettera aperta, il direttore dell’ospedale pediatrico Meyer si chiede come sia possibile una disparità di trattamento, umano e mediatico, tra i bambini affogati nel Mediterraneo e quelli salvati in Tailandia. “Perché non si attivano gli stessi meccanismi di solidarietà?”
FIRENZE – “Mi chiedo cosa abbiano di diverso i bambini thailandesi bloccati da giorni nelle grotte rispetto ai piccoli migranti che vagano nei gommoni nel mediterraneo, in attesa anch’essi di essere salvati”. E’ quanto si chiede in una lettera aperta Alberto Zanobini, direttore generale dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Una riflessione che scaturisce all’indomani della commozione di massa che hanno suscitato i bambini thailandesi rimasti intrappolati, a fronte invece degli scontri politici ripetuti sulle navi dei migranti e sui bambini morti tra le onde del Mediterraneo.
“Cosa c’è di diverso – si chiede Zanobini – nella psicologia di noi occidentali rispetto al fatto che mentre il primo caso sollecita in tutti noi il tifo per il salvataggio, il secondo in vari strati della popolazione non attiva gli stessi meccanismi paterni e materni di solidarietà e vicinanza? Non siamo forse padri e madri anche dei piccoli africani in fuga e in cerca di disperata accoglienza allo stesso modo dei giovani thailandesi la cui vicenda da giorni ha mobilitato tutto il mondo per il loro salvataggio?
Poi Zanobini prova ad azzardare una risposta: “Forse perché in questo ultimo caso all’uscita del tunnel una casa lontana che non è la nostra li accoglierà? Madri e padri che in ansia li aspettano li riabbracceranno e dunque non coinvolgeranno da vicino le nostre vite e le nostre case?” Secondo Zanobini, “come umani dovremmo sapere ricercare nel profondo la nostra paternità e maternità per ogni piccola creatura sofferente nel pianeta, anche se questa è più vicina e per questo ci pare più minacciosa”.
Fonte: www.redattoresociale.it
Non vorrei che la motivazione profonda, la più scandalosa ma verosimile, fosse che ancora una volta lo spettacolo ha prevalso sull’umanità: come alcuni decenni fa il mondo tenne il fiato sospeso su un pozzo, dove stava morendo un bimbo di nome Alfredino e ne vide la morte in diretta, così oggi il desiderio di tanti di provare “un’emozione” altrettanto forte induce gli operatori a filmare,interrogare, a non tralasciare particolare alcuno per lo share, per l’audience, per essere i primi a dare in pasto al pubblico assetato di orrore immagini angoscianti. Temo che tanti ci siano rimasti male, poiché, a parte un morto – ma adulto, esperto, che se l’è cercata – nessuno dei ragazzi ci ha lasciato la pelle….. I bimbi in mare li vediamo morti; proviamo ad immaginare operatori dei media su un barcone: quante morti vedremmo in diretta?. ditemi che non è vero, che sbaglio di grosso!! GRAZIE!