Istat: lavora il 66% degli stranieri residenti in Italia
Fonte: immigrazione.aduc.it
Nel secondo trimestre 2008, rileva l’Istat, la popolazione di riferimento tra i 15 e i 74 anni e’ pari a 2.678.000 unita’ per gli stranieri e a 311.000 unita’ per i naturalizzati. Il tasso di occupazione e’ pari al 65,9% per gli stranieri, mentre scende al 52,9% per gli italiani per acquisizione. Il tasso di disoccupazione dei naturalizzati e’ invece di circa un punto percentuale piu’ elevato di quello degli stranieri (9,7% e 8,8%, rispettivamente). Sempre nel secondo trimestre 2008, sono 1.746.000 gli occupati stranieri e 150.000 i naturalizzati. La struttura demografica dei naturalizzati e’ orientata verso le classi di eta’ piu’ adulte, mentre la distribuzione per genere risulta maggiormente rivolta verso la componente femminile. L’attivita’ dei naturalizzati risulta piu’ concentrata nel terziario (71,9% rispetto al 59% degli stranieri).
Si tratta di persone che lavorano specialmente nei settori della sanita’ e dell’istruzione e sono maggiormente orientate verso professioni qualificate, dai professori di scuola secondaria e delle accademie, ai formatori, agli infermieri specializzati. Consistente appare anche la quota di lavoro autonomo, sia maschile che femminile, tra i naturalizzati. L’impiego nei servizi alle famiglie e’ invece particolarmente rilevante tra le donne straniere.
E’ l’intermediazione informale il canale piu’ utilizzato dagli stranieri per trovare il lavoro: infatti, piu’ del 70% dell’occupazione straniera, sia uomini che donne, ricorre alle segnalazioni di parenti, amici e conoscenti. Nel caso dei naturalizzati, tale intermediazione risulta decisamente piu’ bassa, coinvolgendo poco meno del 46% degli occupati. D’altra parte, quasi un naturalizzato su due dichiara di non avere avuto alcun sostegno per trovare il lavoro, in confronto ad appena un quinto degli occupati stranieri.
In questo quadro rimane residuale l’aiuto dell’intermediazione formale (centri per l’impiego e agenzie per il lavoro) sia per gli stranieri sia per i naturalizzati. Al primo posto, con l’8,3%, si collocano i lavoratori moldavi (una delle prime dieci comunita’ per livello di occupazione complessiva tra gli stranieri). Questo tipo di aiuto viene utilizzato sia da moldavi sia dagli altri stranieri, soprattutto per professioni come infermieri, personale di cucina e pulizia di alberghi e ristoranti, addetti alle vendite negli esercizi commerciali. Inoltre, solo alcune comunita’ (filippina, peruviana e soprattutto ecuadoregna) fanno ricorso ad aiuti non compresi tra gli informali o i formali, come quelli forniti da associazioni di volontariato o di immigrati, istituzioni religiose, enti locali.
Secondo la percezione degli intervistati dall’Istat la valorizzazione delle competenze gia’ acquisite e’ scarsa. Nemmeno un quarto degli occupati stranieri (23,6%), senza alcuna differenza di genere, ritiene di svolgere un lavoro vicino al proprio percorso d’istruzione o alle competenze acquisite, percentuale che sale al 44% per i naturalizzati e al 65% per gli italiani. Con l’aumentare del titolo di studio cresce la valutazione dell’esistenza di un legame tra lavoro e professionalita’. Il fenomeno emerge sia per gli stranieri sia soprattutto per gli italiani. Tra i primi rimane prevalente la consapevolezza di non sfruttare appieno le proprie competenze, ovvero di ricoprire ruoli professionali distanti da quelli avuti nel paese di origine. Appena un quarto degli stranieri con un diploma di scuola superiore afferma di avere un impiego in linea con le competenze, quota che sale ad un terzo per quelli con la laurea.
Gli stranieri in possesso di un diploma o di una laurea, che svolgono una professione tecnica (informatici, infermieri, assistenti sanitari, fisioterapisti, addetti alla contabilita’, addetti ai servizi di sicurezza, assistenti sociali, ecc.), affermano nel 57% dei casi di ricoprire dei ruoli collegati agli studi fatti e alle conoscenze acquisite; per il gruppo degli impiegati, considerato congiuntamente a quello del commercio e dei servizi (commesse, cuochi, camerieri, baristi, magazzinieri, ecc.), l’incidenza si porta al 22%; per gli stranieri diplomati o laureati inseriti nelle professioni non qualificate (manovali edili, operai nelle imprese di pulizia, collaboratrici domestiche, assistenti familiari, ecc.) la quota di quelli che considerano l’impiego collegato alle proprie competenze scende al 14%. La tendenza e’ ancora piu’ forte nel caso dei naturalizzati, scendendo dal 69% al 36% e fino al 16% per i diplomati e laureati che svolgono professioni non qualificate.