Importante l’integrazione, ma permane la xenofobia
Fonte: www.euronote.it
Si è svolto a Bruxelles nei giorni 12-13 novembre scorsi il Secondo Forum europeo sull’integrazione, piattaforma di discussione e di consultazione che si riunisce due volte all’anno, su iniziativa della Commissione europea e del Comitato economico e sociale europeo (Cese), per esaminare le politiche d’integrazione degli immigrati ai livelli locale, regionale, nazionale ed europeo.
Rappresentanti di organizzazioni della società civile di tutti gli Stati membri si sono riuniti per esaminare le future priorità in materia d’integrazione, incontrando i rappresentanti delle istituzioni europee ai quali è stato esposto il punto di vista delle organizzazioni sociali in merito alle politiche comuni e alle risorse finanziarie destinate a promuovere l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi negli Stati membri.
«Questa seconda riunione del Forum europeo sull’integrazione consolida i legami tra diversi operatori accomunati dall’obiettivo di riflettere su come migliorare le politiche in materia d’integrazione» ha dichiarato il commissario europeo responsabile del settore Libertà, Sicurezza e Giustizia, Jacques Barrot, sottolineando che «un’effettiva integrazione degli immigranti è un elemento fondamentale del nuovo programma quinquennale che sta per essere adottato dall’Ue». Inoltre, ha sottolineato Barrot, «le azioni che intraprenderà la Commissione in questo settore nel corso dei prossimi anni si ispireranno all’esperienza delle organizzazioni della società civile che sostengono attivamente l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi».
Il presidente del Cese, Mario Sepi, ha invece osservato che «l’integrazione è una realtà con la quale ciascuno di noi si trova confrontato quotidianamente: le organizzazioni della società civile che operano nel settore dell’integrazione degli immigranti svolgono un ruolo fondamentale, tanto più in questo periodo di profonda crisi economica e sociale, di cui gli immigranti sono spesso le prime vittime», aggiungendo che, in occasione del Forum europeo, il Cese, la Commissione europea così come il Consiglio e il Parlamento europei hanno inteso «ascoltare attentamente i rappresentanti della società civile e prendere seriamente in considerazione le loro osservazioni nel corso del processo decisionale comunitario».
La Commissione e il Cese hanno inoltre sottolineato la loro volontà di «promuovere un approccio globale dell’integrazione», che tenga conto delle idee formulate dai destinatari in tutti i settori d’intervento che possono influire sull’integrazione.
L’iniziativa del Forum europeo completa quella del portale europeo sull’integrazione, che intende agire da forum virtuale di discussione e di scambio di buone pratiche tra gli operatori che si impegnano a favorire l’integrazione, in particolare le Ong, i livelli politici e gli ambienti accademici.
Permangono razzismo e xenofobia
Al di là delle buone intenzioni, però, l’analisi della realtà europea mostra una situazione tutt’altro che positiva. Le minoranze etniche e religiose in Europa continuano infatti a essere vittime di discriminazioni, pregiudizi e svantaggi nella maggior parte degli ambiti della vita quotidiana quali il lavoro, l’alloggio, la salute, l’istruzione, secondo il Rapporto annuale pubblicato a inizio dicembre dall’European Network Against Racism (Enar).
Le minoranze etniche restano sproporzionatamente colpite dalla disoccupazione e dall’occupazione in condizioni precarie, mentre le difficoltà di ottenere permessi per lavoro relega molti immigrati stranieri nel sommerso con tutti i problemi che ne conseguono in termini di diritti violati. Esiste poi, secondo l’Enar, una sorta di «soffitto di vetro» che impedisce ai membri delle minoranze di progredire nella carriera e ottenere impieghi che corrispondano alle reali qualifiche, condizione che si riflette anche in retribuzioni inferiori. In Italia ad esempio, segnala il Rapporto, le infermiere di origine straniera possono guadagnare anche il 20-40% in meno delle colleghe autoctone, con casi di sfruttamento diffusi.
Anche in ambito abitativo i membri di minoranze etniche presentano sistemazioni inadeguate in percentuali più elevate della media: ad esempio, in Italia il 65% dei lavoratori stagionali vive in baracche, il 20% in case in affitto e il 10% in tende; a Bilbao, in Spagna, l’80% delle agenzie immobiliari rifiuta di affittare abitazioni a immigrati stranieri; in Germania i cittadini di origine turca hanno il doppio delle possibilità di vedersi rifiutare un alloggio rispetto alla media; in Romania i rom hanno uno spazio medio per persona di 5,9 metri quadrati, rispetto agli 8,4 della media nazionale.
Nel settore dell’istruzione e dell’educazione i rom continuano a essere i più colpiti (il 69% dei bambini rom non va a scuola in Lituania, il 50% in Polonia), mentre resta diffuso il cosiddetto “racial profiling”: nel Regno Unito, ad esempio, le persone di colore incorrono in controlli di polizia otto volte più spesso rispetto ai bianchi e sono interrogate il doppio delle volte. In generale, poi, non sono investigati adeguatamente i crimini ai danni di membri di minoranze etniche, i quali sono anche molto più spesso vittime di violenza.
Il linguaggio di media e politici spesso contribuisce poi ad alimentare discriminazioni e pregiudizi, nonostante la legislazione europea antidiscriminatoria abbia avuto qualche effetto negli Stati membri dell’Ue. Il Rapporto segnala inoltre una crescente popolarità dei partiti anti-immigrati, una sempre più ricorrente retorica xenofoba e una politica di sicurezza che ha generalmente un impatto negativo sulle minoranze etniche e religiose. «Purtroppo l’antidiscriminazione rimane spesso un diritto soltanto sulla carta e le minoranze continuano a essere vittime di esclusione. I migranti continuano poi a essere trattati come persone di seconda classe, soprattutto a causa della scarsa volontà politica di attuare valide politiche di integrazione. C’è urgente bisogno che l’Unione europea agisca in maniera concertata per superare le barriere che ancora ostacolano l’effettiva uguaglianza per tutti» ha dichiarato il direttore dell’Enar, Mohammed Aziz.