“Costretti a fuggire”: il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2020
Pubblicato il 15 maggio il Messaggio del Santo Padre Francesco per la 106a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 27 settembre 2020; è dedicato alla “tragica condizione” spesso “invisibile” degli sfollati interni.
Ho deciso di dedicare questo Messaggio al dramma degli sfollati interni, un dramma spesso invisibile, che la crisi mondiale causata dalla pandemia COVID-19 ha esasperato. Questa crisi, infatti, per la sua veemenza, gravità ed estensione geografica, ha ridimensionato tante altre emergenze umanitarie che affliggono milioni di persone, relegando iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane, in fondo alle agende politiche nazionali. Ma “non è questo il tempo della dimenticanza. La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone”.
Inizia con questa esortazione il Messaggio del Santo Padre per la 106a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (27 settembre 2020). Intitolato «Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni», affronta il tema degli sfollati interni. Si stima che nel mondo siano oltre 50 milioni. A guerre, conflitti e disastri ambientali, si aggiunge in questo tempo anche la piaga della pandemia. Un dramma silenzioso e spesso dimenticato, cui si aggiunge la crisi della pandemia che fa scivolare quest’emergenza – come tante altre emergenze umanitarie – “in fondo alle agende politiche nazionali”.
Già ricordato all’inizio dell’anno nel discorso ai membri del Corpo diplomatico presso la Santa Sede (9 gennaio 2020), Francesco ha annoverato tra le sfide del mondo contemporaneo il dramma degli sfollati interni: «Le conflittualità e le emergenze umanitarie, aggravate dagli sconvolgimenti climatici, aumentano il numero di sfollati e si ripercuotono sulle persone che già vivono in stato di grave povertà. Molti dei Paesi colpiti da queste situazioni mancano di strutture adeguate che consentano di venire incontro ai bisogni di quanti sono stati sfollati».
Alla luce dei tragici eventi che hanno segnato il 2020, estendo questo Messaggio, dedicato agli sfollati interni, a tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del COVID-19.
La tragica condizione di sfollato e profugo sperimentata “dal piccolo Gesù” con i suoi genitori nella fuga in Egitto, è una piaga presente anche ai nostri giorni per milioni di famiglie.
Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. In ciascuno di loro è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella. Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire.
Il nuovo Messaggio riprende i “quattro verbi” del Messaggio 2018 – Accogliere, proteggere, promuovere e integrare – e vi aggiunge “sei coppie di verbi che corrispondono ad azioni molto concrete, legate tra loro in una relazione di causa-effetto”:
- Conoscere per comprendere: “quando si parla di migranti e di sfollati troppo spesso ci si ferma ai numeri. Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati”
- Farsi prossimo per servire: “sembra scontato ma spesso non lo è. […] Le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze dagli altri, […] ci impediscono di farci prossimi a loro e di servirli con amore”. “Avvicinarsi al prossimo spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi”
- Ascoltare per riconciliarsi: “l’amore, quello che riconcilia e salva, incomincia con l’ascoltare. Nel mondo di oggi si moltiplicano i messaggi, però si sta perdendo l’attitudine ad ascoltare […] ed è solo attraverso un ascolto umile e attento che possiamo arrivare a riconciliarci davvero”. Dall’inizio dell’emergenza coronavirus “per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade. Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato”
- Condividere per crescere: “Dio non ha voluto che le risorse del nostro pianeta fossero a beneficio solo di alcuni. No, questo non l’ha voluto il Signore! Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno. La pandemia ciha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca. Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo. Per crescere davvero dobbiamo crescere insieme, condividendo quello che abbiamo, come quel ragazzo che offrì a Gesù cinque pani d’orzo e due pesci… E bastarono per cinquemila persone”
- Coinvolgere per promuovere: “a volte, lo slancio di servire gli altri ci impedisce di vedere le loro ricchezze. Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza, dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto. La pandemia ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti – anche di categorie spesso sottovalutate – è possibile affrontare la crisi. Dobbiamo «trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà»
- Collaborare per costruire: “è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni. E nel contesto attuale va ribadito: «Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone» (Messaggio Urbi et Orbi, 12 aprile 2020). Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno”
La pubblicazione del Messaggio per la Giornata 2020 è accompagnata da un video che alterna un brevissimo intervento di Francesco alla testimonianza di un giovane sfollato nicaraguense, illustrata con disegni a colori:
>> Clicca qui per scaricare il Messaggio completo Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2020 (file .pdf in italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, polacco, arabo).
>> Clicca qui per scaricare il documento Orientamenti pastorali sugli sfollati interni (5 maggio 2020) della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale (file .pdf).
Perché la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato?
La Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dal 1914. È sempre stata un’occasione per dimostrare la preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento, per pregare per loro mentre affrontano molte sfide, e per aumentare la consapevolezza sulle opportunità offerte dalla migrazione. Quest’anno sarà celebrata il prossimo 27 settembre.