Pierre e Mohamed
L’esperienza umana dell’amicizia, capace di unire persone molto diverse, è tema centrale nello spettacolo “Pierre e Mohamed”, monologo teatrale con accompagnamento musicale tratto dal libro omonimo di Adrien Candiard. Il racconto è la storia reale del vescovo di Orano (Algeria) Pierre Claverie, beatificato nel 2018, ucciso da un attentato nell’agosto 1996 insieme al suo autista ed amico musulmano Mohamed Bouchikhi. In un periodo di forti tensioni sociali e politiche, connesse con la guerra civile algerina, Pierre e Mohamed scelsero di restare, consapevoli di rischiare la vita, il primo insieme al suo popolo, il secondo accanto al suo amico; andarono dunque incontro alla morte per mano delle formazioni estremiste che in quegli anni, tra gli altri, assassinarono anche i monaci di Tibhirine.
«Conoscere per comprendere», la prima delle sei coppie di parole che papa Francesco suggerisce nel Messaggio per la 106ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, sembra sintetizzare efficacemente la vicenda pastorale, letteraria e biografica di Pierre Claverie: profondo conoscitore dell’islam, diresse per quasi un decennio un istituto per lo studio dell’arabo classico e della cultura musulmana. Il giorno della sua ordinazione episcopale ebbe a dire agli amici algerini: «Insieme con voi, imparando l’arabo, ho soprattutto imparato a parlare e comprendere il linguaggio del cuore, quello dell’amicizia fraterna attraverso cui comunicavano religioni e razze. Ancora una volta, ho la debolezza di credere che quest’amicizia sia più profonda delle nostre differenze… perché credo che questa amicizia venga da Dio e porti a Dio».
L’impegno sul fronte del dialogo ecumenico e interreligioso, centrale nel ministero di monsignor Claverie, non vuole condurre tuttavia alla negazione delle differenze, ma piuttosto alla pacifica e amichevole convivenza tra persone di culture e religioni diverse, obiettivo che, già avvertito come necessario dal vescovo di Orano negli anni Ottanta-Novanta, appare oggi quanto mai urgente e auspicabile.
«Scoprire l’altro, vivere insieme con l’altro, ascoltare l’altro, lasciarsi anche modellare dall’altro, non significa perdere la propria identità, rifiutare i propri valori, significa concepire un’umanità plurale, non esclusiva» – scriveva Pierre Claverie alcuni mesi prima di morire. «Bisogna cominciare col vivere insieme, creare luoghi umani dove si mettano in comune le rispettive eredità culturali che fanno la grandezza di ognuno».



