In fuga da Nazareth
«Quando vedi un povero, fratello, ti è messo innanzi lo specchio del Signore e della sua Madre povera». Così – si narra – san Francesco d’Assisi ammonì un giorno un frate che aveva sparlato di un povero. Il papa, che del poverello d’Assisi ha scelto il nome, nel suo Messaggio per la 106ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, riprende l’icona suggerita da Pio XII nella costituzione apostolica Exsul Familia: «Nella fuga in Egitto il piccolo Gesù sperimenta, assieme ai suoi genitori, la tragica condizione di sfollato e profugo segnata da paura, incertezza, disagi. Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. […] In ciascuno di loro è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi».
I quadri di Massimiliano Ungarelli, tratti da fotografie reali, invitano a “purificare lo sguardo”, per scorgere la presenza di Cristo povero nel povero e di Cristo esule nell’esule. La fuga per la vita e il dramma contemporaneo dei profughi sono narrati da venti pannelli in legno di recupero, in accordo con le scelte di un Dio che non fa scarti. La Santa Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe costretti a rifugiarsi in Egitto per sfuggire all’ira di Erode, si rivela discretamente e divinamente presente nei volti di coloro che oggi scappano dalle persecuzioni del nostro tempo: «Le persone sfollate ci offrono questa opportunità di incontro con il Signore, anche se i nostri occhi fanno fatica a riconoscerlo: coi vestiti rotti, con i piedi sporchi, col volto deformato, il corpo piagato, incapace di parlare la nostra lingua» (Messaggio per la 106ª GMMR). Tali dovevano apparire – possiamo immaginare – il bambino Gesù e i suoi genitori, quando giunsero in Egitto.
L’opera di Ungarelli, che si inserisce in un progetto dell’Associazione Culturale Midrash, dei Frati Francescani Cappuccini, sembra rivolgere un invito a «farsi prossimo per servire», avvicinarsi agli esuli di oggi, per scoprire in essi la presenza misteriosa e salvifica «di Cristo povero e della sua Madre povera». «Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella. Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire» (Messaggio per la 106ª GMMR).



