Vicenza – Alte Ceccato, la rivolta dei neri
Fonte: www.meltingpot.org
di Emilio Randon
da il Mattino di Padova del 31 gennaio 2010
Se scoppierà, e non scoppierà, ma mettiamo che qualcosa succeda, la Rosarno de noantri saprebbe tanto di trucco e parrucco da risultare indigesta persino all’èquipe di Annozero. Non scoppia per mancanza di contendenti intanto: gli italiani di Montecchio Maggiore, irritati quanto si vuole, non sono usi a scendere in piazza e a tirare schiaffoni ai vicini di casa anche se immigrati, africani o pachistani, stranieri peraltro ben integrati, con appartamenti di proprietà e negozi avviati da quindici anni a questa parte. Eppure le date ci sono, i prodromi pure, e c’è anche una giunta leghista sull’orlo di una crisi di nervi che conta i giorni annunciati del calendario rosarnese come fosse un’ordalia: ieri c’è stato lo sciopero della spesa dei colored, il primo marzo è in programma lo sciopero vero e proprio in tutta la provincia di Vicenza con astensione dai luoghi di lavoro e ritenuta a casa dei bambini. Né scuola né fabbrica, corteo davanti al municipio e presidio dei supermercati. Colore adottato, il giallo dell’antisemitismo nazista. Siamo ad Alte Ceccato, agglomerato sorto negli anni Cinquanta attorno ad un crocicchio sotto Montecchio, allora luogo ideale di ogni rapinatore di banca che, in quell’incrocio, trovava tutte le possibilità di fuga offerte dai quattro punti cardinali. Ora scrematura sociale e sedimentazione, linea di faglia dove le diverse etnie si sono assemblate: gli italiani a Montecchio, tutto il resto alle Alte.
Ad Alte Ceccato va in scena la prima prova di forza etnicamente motivata contro i comportamenti amministrativi di un comune del radioso Nordest. E dire etnicamente è poco, per i protagonisti della rivolta si tratta di battere il razzismo aperto, conclamato e approvato con delibera dal comune di Montecchio in cui, da dicembre, si fa divieto di vivere in tre su appartamenti di meno di 70 metri quadrati, in quattro fino a 85 e così via. Fuori da questi parametri il Comune non dà la residenza, senza residenza gli stranieri non hanno diritto alla carta di soggiorno. Ovvio che a un italiano nessuno verrà mai a chiedere quante persone si mette in casa. Ma a un pakistano o un ghanese sì, ogni volta che gli scade il permesso di soggiorno o inizia una pratica di ricongiunzione famigliare. «Roba da Ku Klux Klan – dice Aziz, 28 anni, in Italia da 15, falegname a Creazzo e portavoce del movimento – io non vi capisco più voi italiani, il popolo più civile del mondo che comincia comportarsi come il Sudafrica di Hendrik Frensch Verwoerd. Ci chiamate polli e scimmie. Siete strani, sentite parole d’odio contro di noi e vi mettere a ridere, vi credete immuni al razzismo e lo tollerate di fatto.
Ora la legge di una giunta comunale ci discrimina apertamente». Le cose potrebbero stare così, con qualche esagerazione. Intanto i sindacati definiscono odiosa quella delibera, hanno fatto pressione sulla giunta per il ritiro, offerto collaborazione e organizzato incontri con il sindaco Milena Cecchetto: niente da fare, quelli rimangono della loro idea. «Ho l’impressione che siano paralizzati dalla paura – spiega Giancarlo Pedrezzoli della Cisl – o forse aspettano che un giudice gli bocci la delibera per poi dire: ah! ecco cosa fa la magistratura rossa». Il sindacato unitario non appoggerà la protesta, ma intanto istruisce il caso per portare la giunta in tribunale. Ousman Condè, leader della protesta, è un intraprendente ghanese che sognava di portare il legno del Gabon a Vicenza prima di darsi pienamente alla protesta. Ha segretamente incontrato Manuela Da Lago. Ha trattato. Niente. La giunta leghista tiene il punto e forse pensa di «incassare» sul mercato delle prossime elezioni regionali, di sicuro è disposta a pagarne il prezzo. Non solo di cattiva stampa, ma anche il mugugno delle agenzie immobiliari («Parametrare metri a persone significa restringere il mercato ed è un danno» dicono alla Katoikia di Alte), lo scontento dei negozianti (al supermercato Tosano, il preferito dagli extracomunitari, il 27 non venderanno niente.
Il sindaco leghista sa come trattare i giornalisti, non li riceve, e la giunta applica una collaudata scuola di relazioni pubbliche, non ne ha: in passato la gente li ha premiati. Per un diverso parere bisogna andare da Don Guido Lovato, un fra Galdino ironico e dai modi spicci, il quale spiega che «Sì, difficoltà di rapporti ci sono, ma razzismo no. Quelli del Bangladesh non danno problemi, hanno i soldi, ti manca solo il fiato quando sali la tromba delle loro scale. I neri sono disordinati. E poi ci sono le relazioni. Qui di fronte un palazzo di 27 appartamenti è rimasto al freddo perché gli extracomunitari si rifiutano di pagare il gasolio». Il ministro della chiesa sospira, da dov’è vede diversamente le cose dai ministri dello Stato: «Paura e difesa, la politica cavalca la prima, noi cerchiano di difendere, di proteggere e rassicurare nel rispetto dei valori cristiani. Quel che accade ha il fiato lungo di un periodo storico, accadde già ad Aleppo in Siria e a Beirut più di recente, un’Andalusia alla rovescia, i cristiani diventano minoranza e scappano. Solo 15 anni fa avevo 8 mila anime e ora…». Buon lavoro, diciamo, ammesso che quello delle anime si possa definire lavoro, e lui risponde che sì, lo è, «che persino gli Apostoli si confessavano stanchi».
Alla vicina scuola media Zanella più del 50 per cento dei bambini è straniero. Apre la porta un normanno di Agrigento, un bidello dagli occhi chiari sposato a una della Locride. Non riesce a vedere il disastro, gli basta quello del suo paese: «Sa cosa significa vivere senza acqua potabile? Da me la prima elementare è fatta esclusivamente di bambini extracomunitari, paghiamo il pizzo e d’estate l’acqua ce l’abbiamo solo tre giorni al mese. Se qui manca per una mattina, quei padri e madri genitori di bambini pachistani scenderebbero in piazza a fare un casino della madonna. No, niente Rosarno qui. Prima da noi, poi voi». –
Se è razzista una legge o disposizione che richiede un minimo di spazio personale per concedere la residenza, lo è allora anche impedire l’accesso al nido ai bambini non vaccinati. Sono tutte disposizioni tese a spingere verso un certo comportamento, ritenuto virtuoso dalle autorità.