con loro sulle strade
Un convegno a Budapest sui nomadi in Europa
BUDAPEST (Migranti-press 6) – “Quando si tratta dei Rom, non dobbiamo parlarne come di un problema, ma come di nostri fratelli. Se ci mettiamo accanto ai poveri, da questi incontri nasce l’amicizia, e dall’amicizia una nuova civiltà”.
È il monito con il quale mons. Janos Szekely, Vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest e responsabile della pastorale dei Rom della Conferenza Episcopale Ungherese, ha concluso la Conferenza internazionale “Zingari, europei senza patria”, promossa nei giorni scorsi a Budapest dalla Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con l’Accademia ungherese delle Scienze come risposta, hanno spiegato gli organizzatori, alla serie di attentati compiuti in Ungheria negli ultimi due anni contro gli zingari, e per “far sentire alla popolazione rom la voce della compassione e della speranza in un mondo pieno di pregiudizi e violenza”. Non si può dimenticare, in questo contesto, che anche molti zingari furono sterminati nei campi nazisti.
“Mentre il doloroso acuirsi di inaccettabili violenze antigitane ferisce il tessuto stesso di convivenza – ha affermato nel suo messaggio alla Conferenza mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti – la sinergia e la comunione moltiplicheranno e rafforzeranno la rete di solidarietà a beneficio di questo popolo che, come ebbe ad affermare Giovanni Paolo II, è nel cuore della Chiesa”.
“È responsabilità e compito di tutti noi – ha concluso l’Arcivescovo – fermare i meccanismi dell’odio e della segregazione”. Peter Szoke, rappresentante della Comunità di Sant’Egidio di Budapest, si è detto convinto che occorra “dare voce alla speranza, dire che la convivenza è possibile e che va cercata insieme, tra le persone di buona volontà di appartenenze religiose, politiche e culturali diverse”.
A nome del Consiglio ecumenico delle Chiese, il pastore luterano Dieter Brandes, ha sottolineato da parte sua la “necessità di un esame di coscienza nei confronti dei pregiudizi verso i Rom anche da parte dei cristiani”.
Dopo una retrospettiva storica sulla vita e la persecuzione dei Rom in Europa, don Marco Gnavi, rappresentante della Comunità di Sant’Egidio, ha ribadito per tutti la responsabilità di rafforzare la cultura della convivenza: “Lo dobbiamo anche ai nostri figli, che Rom non sono, e ai quali sono concesse opportunità senza dubbio superiori ai figli dei Rom di crescere padroni del proprio destino”.
“La storia si fa con incontri e con parole al servizio dell’incontro. Anche qui in Ungheria – ha fatto notare – le nostre voci di cristiani ed ebrei, credenti e non credenti, Rom e gagè, possono incontrarsi per combattere l’antigitanismo, forti della speranza in un mondo capace di comporre le diversità senza dimenticare l’identità di ciascuno”.
Secondo Katalin Katz, docente della Hebrew University di Gerusalemme ed esperta di fama internazionale del “Parajjimos” (l’olocausto dei rom che ha causato 500mila vittime nei lager nazisti), “anche se doloroso è importante fare memoria e parlare delle tragedie”. Con riferimento all’attualità Katz ha messo in guardia dai “pericoli della discriminazione, della segregazione e del silenzio”.
“Il passato non é finito – ha precisato Ceija Stojka, scrittrice rom di nazionalità austriaca, sopravvissuta all’olocausto – perché anche nell’Europa di oggi i Rom subiscono pregiudizi, umiliazioni e aggressioni”. Da bambina – la sua toccante testimonianza – “mi sono salvata nascondendomi tra i cadaveri, masticando lacci di scarpe e pezzi di cuoio”.
Janos Ladanyi, docente di sociologia all’Università Corvinus di Budapest, ha osservato che dopo i capovolgimenti politici del 1989 “in Ungheria un milione e mezzo di posti di lavoro è andato perduto e poco è stato fatto per porvi rimedio. Oggi 700mila persone vivono in estrema povertà, e per il 40% sono Rom”. Questi, secondo il relatore, subiscono discriminazioni in particolare nel settore scolastico e degli alloggi.
Di qui la richiesta di “un’istruzione di qualità anche per i bambini Rom” da parte di Viktoria Mohacsi, ex Parlamentare europea di origine zingara e Direttrice della Fondazione “Movimento per la de-segregazione”, secondo la quale “Rom e non, dobbiamo vivere insieme. Il convivere non è solo necessario; è anche bello”.
Illustrando a conclusione dei lavori le ultime iniziative della Chiesa magiara a favore degli zingari, mons. Szekely ha rammentato la recente pubblicazione da parte dei vescovi di una circolare indirizzata ai preti in cui vengono spiegati i documenti della Santa Sede relativi alla pastorale dei Rom. Due anni fa è stata tradotta per la prima volta la Bibbia in lingua lovari (il più diffuso tra i 17 dialetti della comunità rom ungherese).
Lo stesso vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest ha invece scritto un libro sulla storia e sulla cultura dei Rom per gli alunni delle scuole cattoliche. Anche se è difficile fare stime precise, in Ungheria si contano da 600mila a 800mila zingari suddivisi in quattro gruppi linguistici con 17 dialetti. (SIR Europa, 29 gennaio 2010)