Badanti senza diritti, in attesa di sanatoria
Fonte: La Repubblica
A migliaia lavorano nelle famiglie dei torinesi con orari lunghi, poche ferie e salari di poche centinaia di euro Una situazione di sfruttamento nella quale il miraggio della regolarizzazione è spesso usato come tacito ricatto
di VERA SCHIAVAZZI
I numeri
Delle 8.297 domande di sanatoria presentate a Torino dall’aprile 2009, quasi il 70 per cento riguardano donne che lavorano come badanti. Finora ne sono state evase 291, altre 700 sono “in lavorazione”
La caccia alla badante comincia con una telefonata: «Conosci qualcuno che possa aiutarmi? Cerco una signora capace, però gentile, che assista mio papà a casa sua. Tra poco lo dimettono dall’ospedale e non può restare da solo». Segue un lungo elenco di “però”: però mio papà non si fida di nessuno, però abbiamo pochi soldi da spendere, però il sabato e la domenica questa signora dovrebbe restare a casa almeno un giorno, però mi raccomando che sia già in regola, però magari le ore all’lnps non le denunciamo tutte, però che non sia dell’Est perché una mia amica si è trovata male (variante: che non sia sudamericana perché ne abbiamo già avuta una e mio papà non capiva nulla). Fredo Olivero, da anni alla guida dèll’ufficio Migranti della Caritas diocesana, non usa perifrasi «Sfruttamento. L’orario e il contratto sono raramente rispettati, queste donne lavorano nelle nostre case dodici ore al giorno o anche più, hanno un solo giorno libero alla settimana e a volte neppure quello. La crisi economica ha peggiorato la situazione: ormai ci si aspetta che una persona lavori a tempo pieno a casa nostra per settecento, ottocento euro al mese. E se c’è in corso la domanda di sanatoria, con i suoi tempi lunghi, la speranza di diventare regolari si trasforma in un’arma di pressione: nessuno se la sente di protestare quando di mezzo c’è il permesso di soggiorno».
Le cifre, da sole, fanno riflettere: su 8.297 domande presentate a partire dal 1°aprile2009—data di inizio della sanatoria—a Torino e provincia quasi il 70 percento riguarda donne che lavorano nelle famiglie. Solo 291 domande sono già state evase, altre 700 sono “in lavorazione”, e le persone interessate stanno essere convocate allo sportello unico di via del Carmine 12. Ma, promettono alla Direzione provinciale del lavoro, la situazione sta per cambiare: «Il ministero dell’Interno ci ha appena mandato dodici interinali, da quello del lavoro stanno per arrivarne altri tre, prevediamo di esaurire l’esame delle domande entro la fine, del 2010», spiega Agostino Del Balzo, che coordina sia lo sportello sia i servizi di controllo e vigilanza.
Tutto bene? Non proprio, perché nel frattempo, nelle case dei torinesi, stanno arrivando leprime lettere dell’Inps: dopo i contributi forfetari (500 euro uguali per tutti) che servivano a sanare i primi mesi di lavoro, ora arrivano i bollettini “veri” per pagare i contributi a chi ha lavorato da luglio in poi in attesa della sanatoria. E molti ci ripensano: «Vengono da noi i datori di lavoro che avevano fatto domanda e dicono “ho cambiato idea”, “la firma non era la mia”, “la badante non mi serve più” — racconta Del Balzo — Spesso si tratta di situazione che già non erano limpide in partenza, ma intanto per molte persone potrebbe sfumare la possibilità di essere messe in regola davvero».
Clarissa, 44 anni, filippina, da quindici in Italia, racconta: «Negli ultimi due anni ho cambiato quattro datori di lavoro. Una famiglia ha rinunciato a me perché non poteva più pagarmi, due persone anziane e malate che assistevo sono morte e ora temo che mi succeda la stessa cosa… Quando capita, è una grande tristezza per le famiglie, ma per noi vuol dire restare senza stipendio, se sei fortunata ti lasciano in casa per un po’, ma c’è poco tempo ed è meglio prendere la prima proposta che viene dopo. Siamo care? Io guadagno 900 euro al mese, mille se devo lavorare anche di notte,e se mi chiedono di fermarmi sabato e domenica qualche volta arrivano altri5O 100 euro. È tanto? Melo dica lei. Non ho una casa mia, quando stacco vado a dormire da una nipote, così mando a mia madre, che è malata a Manila e vive con due dei miei figli, almeno 500 euro ogni mese».
Stefano Tassinari, presidente delle Acli (una delle quattro “centrali”, assieme alla Caritas, all’A- sai e all’Alma Mater convenzioniate al Comune, dove è possibile per le famiglie accedere a una banca dati di curriculum e indirizzi) commenta: «Questo lavoro domestico dovrebbe essere sostenuto da sgravi fiscali e contributi pubblici un anziano accudito a casa costa al sistema cinque o dieci volte dimeno di uno in ospedale o in casa di riposo. Ma si tratta di un investimento che in questo momento le amministrazioni non sono in grado di fare». Nel frattempo, non resta che il tam tam. E la corsa al ribasso, perché 900 euro sono tanti e diventano 1000 o più con i contributi Inps:
«Badante cercasi, con modiche pretese e disponibilità 24 ore su 24. Per le ferie si vedrà».