Discriminati al quadrato: la ‘Sanatoria’ per colf e badanti che spinge i migranti all’illegalità.
TRIESTE-ADISTA. Una storia di legalità punita, che racconta della doppia faccia della “giustizia” italiana, forte con i deboli e debole con i forti: uno dei tanti segni del degrado etico che caratterizza il nostro Paese. È così che un gruppo di datori di lavoro di colf e badanti di Trieste giudica l’applicazione della “sanatoria” di cittadini stranieri approvata nel luglio del 2009. Un provvedimento già di per sé discriminante in quanto teso a sanare solo la posizione di chi lavora nelle nostre case o assiste i nostri anziani – colf e badanti appunto -, aggravato ora da una “circolare interpretativa” a firma del capo della polizia, Antonio Manganelli, che il Ministero dell’Interno ha diramato in data 17 marzo per uniformarne l’applicazione sul territorio nazionale.
La circolare – denuncia il gruppo di Trieste con l’appello “Per una scelta di equità e giustizia”, del 1.mo aprile scorso che ha già raccolto diverse adesioni (tra i primi firmatari figurano la Chiesa Valdese-Unione delle Chiese valdesi e metodiste in Italia, don Albino Bizzotto, don Luigi Ciotti, don Pierluigi Di Piazza, don Andrea Gallo, p. Alex Zanotelli) – crea infatti un’ulteriore discriminazione tra coloro che hanno ricevuto un solo decreto di espulsione e che possono accedere alla regolarizzazione e coloro che ne hanno ricevuto più di uno, per i quali l’emersione è preclusa: “La disobbedienza all’ordine di espulsione ripetuta più volte (considerata reato penale dalla legge sull’immigrazione) equivarrebbe, come gravità, a reati che la legge prevede come ostativi alla regolarizzazione quali ad esempio truffa, fabbricazione di esplosivi, furto aggravato, lesione personale”. “L’interpretazione proposta – continuano i promotori – ci colpisce profondamente, perché riteniamo operi uno stravolgimento della legge determinando una situazione non rispettosa dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e non discriminazione che sono alla base del nostro vivere civile e del nostro ordinamento costituzionale. Come persone che credono in uno Stato di diritto siamo infatti allarmati se chi è rimasto a vivere nel nostro Paese senza un documento di soggiorno viene messo sullo stesso piano di consumati criminali”.
“Come possiamo non notare – prosegue l’appello (cui è possibile aderire all’indirizzo sanatoriatruffa@gmail.com) – che tutta questa vicenda ha il sapore di una beffa nei confronti di chi, lavoratori e datori di lavoro, ha creduto nella legalità, aderendo alla regolarizzazione? Come possiamo tacere, se il messaggio che emerge è che fidarsi delle autorità è sciocco, che conviene sempre rimanere invisibili, far lavorare in nero, non pagare le tasse, in nome della convinzione tutta italiana che sia l’illegalità a premiare?”. “Constatiamo allarmati la diffusione di norme e prassi che, facendo leva sulla paura, riservano solo agli stranieri dei trattamenti di estrema durezza, mentre molte illegalità gravi e diffuse che scuotono il Paese vengono apertamente tollerate”.
“Secondo l’opinione ministeriale, gli espulsi per irregolarità di ingresso e/o soggiorno, che pure sono inottemperanti all’ordine del questore, possono sanarsi. Se però sono stati un poco più sfortunati, e sono stati fermati una seconda volta, e, solo per questo arrestati e condannati, allora no, dura lex, sed lex”, ha commentato l’avv. Guido Savio dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi): “E quindi si ricomincia dall’inizio, come al gioco dell’oca. È stata tutta una finzione, abbiamo scherzato, si torna clandestini, si procede all’espulsione, e ad applicare le sanzioni, penali e amministrative, al datore di lavoro”. “Ma la beffa potrebbe avere il sapore ben più grave della truffa”, se si considera che il 23 settembre 2009, alla domanda: “È possibile fare richiesta di regolarizzazione in favore di stranieri condannati per i reati di cui all’art. 14 comma C 5 ter del Dl 286/98 (in ottemperanza all’ordine del questore)”, l’help desk del Ministero dell’Interno rispondeva: “Comunichiamo la seguente soluzione/informazione: si può fare la richiesta per un lavoratore che ha avuto un decreto di espulsione però non lo ha rispettato ed è rimasto in Italia anche se successivamente è stato trovato di nuovo dalle forze dell’ordine e condannato per i reati di cui all’art. 14 comma 5 ter del Dl 286/98”.