Via asti – Torino, Due strade per l’integrazione dei rifugiati
Di Erica di Blasi
La Repubblica 22/07/2010
Il responsabile della Pastorale Migranti critica la gestione dei fondi per l’inserimento degli ospiti
LA CASERMA di via Asti è stata più un parcheggio che un percorso di vera integrazione». Don Fredo Olivero, direttore dell’Ufficio pastorale migranti boccia in pieno il modo in cui il Comune ha gestito la cosiddetta emergenza profughi. Come cattivo esempio indica in primo luogo la caserma di via Asti, destinata a chiudere i battenti nel giro di 10 giorni. La data di sgombero, dopo più d’uno slittamento, è stata fissata per il 31 luglio.
IL MODELLO parcheggio — dice Olivero — è senza dubbio più costoso e rende gli stranieri passivi, in attesa di ogni assistenza. Nell’ultimo anno ha speso più il Comune per mantenere 400 persone un po’ di tempo che noi per integrarne realmente 150. E alla fine, dopo quasi un anno, sono ancora lì.
Con un aggravante: dopo mesi di tensioni, oggi i 92 rifugiati politici ancora ospitati nella
caserma di via Asti vedono le istituzioni come degli avversari, sono diventati aggressivi e non hanno nemmeno iniziato un percorso di integrazione».
La vicenda ha ormai due anni, data da quando 234 rifugiati politici, per lo più somali, occuparono l’ex clinica San Paolo di corso Peschiera. Si divisero le stanze, adattandosi come potevano, in condizioni igienico sanitarie precarie. Fu allora che se ne iniziò a parlare come di un’emergenza, benché Torino sia sede di una Commissione Territoriale che vaglia una decina di domande d’asilo al giorno e la presenza di rifugiati, comunque contenuta in cifre irrisorie, sia da considerarsi un fatto strutturale. Passarono mesi: poi Comune e Prefettura concordarono il trasferimento dei profughi. Una parte —— 230 su un totale nel frattempo salito a oltre 400— furono trasferiti nella caserma di via Asti, altri a Settimo. Qui hanno vissuto in base a un regolamento deciso dalle istituzioni — coprifuoco alle 11, niente estranei, pass in ingresso e in uscita. Durante la loro permanenza, la struttura è stata gestita dalla fondazione Dravelli a cui il Comune ha stanziato 400milla euro «Una cifra notevole fa notare Olivero _ per percorsi che non hanno portato a una vera integrazione Piuttosto che parcheggiare degli stranieri in un’ unica struttura, e meglio inserire pochi rifugiata in piccoli centri urbani Dal canto nostro abbiamo sottoscritto accordi con 23 paesi che hanno accolto con gioia questi nuovi cittadini. Questa è integrazione normale che adesso gli ospiti di via Asti abbiano paura se il Comune intende dividerli perché deve chiudere: hanno vissuto per mesi fianco a fianco e non conoscono un’altra realtà» In 22 hanno preferito non accettare la sistemazione alternativa offerta dal Comune Nei prossimi giorni riceveranno una lettera dalla Prefettura di dimissione dalla caserma E lo stesso gruppo a cui il Comune ha già tolto il pass per via Asti Di altri invece non si sa più nulla «Ventidue — dice l’assessore comunale alle Politiche sociali Marco Borgione — se ne sono andate dalla caserma da più di una settimana».. Contro
le accuse di aver parcheggiato i profughi, il Comune ribadisce invece l’elenco degli inserimenti. «Una quarantina sottolinea Borgione _ ha passato gli esami di licenza media altri 38 hanno usufruito delle borse lavoro dell’ Unione Europea» In realtà 65 borse lavoro finanziate dal Fondo Europeo per i rifugiati sono state assegnate attraverso il progetto Piemonte non solo asilo gestito da un coordinamento di associazioni con capofila la Cooperativa L’Orso Non dal Comune almeno queste A quali borse alluda l’assessore non e chiaro A difendere il buon operato di via Asti c’è anche la fondazione Dravelli «Abbiamo tenuto — precisa Luca Saiu—diversi corsi d’ italiano a cui si sono iscritti ben 150 ospiti Altrettanti rifugiati hanno invece seguito corsi di formazione: chi per diventare falegname, chi nel campo dell’editoria. Sono stati attivati 60 stage aziendali che hanno portato a 6 assunzioni. Nessuno è stato lasciato solo. Oltre a fornire vestiti, scarpe e materiale utile alle lezioni, abbiamo promosso l’integrazione anche attraverso lo sport». Al costo di 400 mila euro.