Ricongiungimento più difficile se a partire per prime sono le madri
Fonte: www.redattoresociale.it
Due ricercatrici milanesi hanno raccolto le testiminianze di 420 genitori migranti, scoprendo diverse dinamiche della migrazione familiare. Solo 109 famiglie completamente ricongiunte, un terzo di queste ci ha messo più di 7 anni
MILANO – I processi di ricongiungimento dei coniugi e dei figli dei migranti sono molto diversi se a partire per primo è il padre invece della madre. Due ricercatrici milanesi, Paola Bonizzoni ed Elena Caneva, entrambe dell’università di Milano, hanno raccolto le testiminianze di 422 genitori migranti, scoprendo diverse dinamiche delle migrazione familiare. I questionari sono stati sottoposti a 257 donne e 165 uomini di 31 paesi diversi, soprattutto latinoamericani (202 persone intervistate) ed est europei (53 persone). Il loro lavoro è stato presentato nei giorni scorsi a Milano in occasione di un convegno internazionale sulla famiglia organizzato dall’Università Cattolica (vedi lancio del 29 settembre). “Dei genitori che abbiamo intervistato, una parte di loro aveva la famiglia nel paese d’origine, l’altra parte aveva ricongiunto figli e coniuge -spiega Paola Bonizzoni-. Abbiamo chiesto come avessero mantenuto le relazioni a distanza, quante rimesse avessero mandato e con quale frequenza, quanto spesso avessero telefonato, l’invio di doni e visite, alle madri a chi avessero lasciato i propri figli”.
Dall’indagine è emerso che le madri sono più coinvolte dal punto di vista delle pratiche transnazionali: “Inviano più denaro a casa e più spesso, anche perché grazie al lavoro convivente (molte di loro sono badanti) hanno più possibilità di risparmiare (fino a 500 euro al mese) -spiega Bonizzoni-. La seconda cosa è che le madri tendono a telefonare più spesso e mentre i padri sentono piu di frequente le mogli, le madri cercano di parlare con i figli di scuola, salute e altri aspetti”. Differenze sono state notate anche nelle cose inviate a casa (le donne fanno più spesso anche regali o doni, mentre gli uomini inviano più di frequente denaro) e nella destinazione dei figli al momento della partenza (quando le donne partono i figli rimangono alle nonne, quando partono gli uomini rimangono alle madri, ricongiunte in seguito insieme ai figli).
“Con questa seconda modalità, i figli non subiscono mai il distacco dalla figura materna e, anche rispetto a conflitti, il ricongiungimento al maschile è meno problematico perché le madri non lavorano neanche qui e sono dipendenti dal marito tanto quanto i figli”. Tuttavia, questo tipo di ricongiungimento ha un rischio di dipendenza molto forte: “Se, per ipotesi, un domani la donna volesse divorziare, il fatto che non abbia mai lavorato né sia mai uscita di casa rende tutto più problematico -spiega Bonizzoni-: se la donna divorzia ha un anno di tempo per trovarsi un lavoro oppure se ne deve andare. Invece, quando sono le madri a patire per prime si hanno ricongiungimenti molto più complessi in cui parte prima la coppia (prima madre, poi marito) e solo in un terzo passaggio arrivano i figli”.
Per quanto riguarda i figli, poi, ci sono problemi ulteriori: “Le famiglie migranti che vengono dal di fuori dell’Unione europea possono portare in Italia i propri figli soltanto finché compiono i 18 anni, 21 anni se cittadini comunitari. Ma a quale età le politiche definiscono che si diventa indipendenti? -si chiede la ricercatrice-. Così accade che molti ricongiungimenti non riescano a compiersi: nel nostro campione di 421 nuclei famigliari, solo 109 famiglie erano completamente ricongiunte: ma un terzo di queste ci ha messo più di 7 anni, il 38,5% tra i 4 e i 6 anni, il resto meno di 3 anni. Un altro terzo delle famiglie del campione, poi, non erano né transnazionali né ricongiunte: magari hanno la coppia qui e tutti i figli nel paese d’origine, oppure figli sia qua che là. Abbiamo anche scoperto che, all’aumentare del numero dei figli, aumenta la durata della separazione”.
Diversità sono emerse anche a seconda di qual è il coniuge che parte prima: “Nei flussi in cui i primi a partire sono gli uomini, i livelli di endogamia sono elevati -spiega Bonizzoni-: non ci sono figli nati da altre unioni e la moglie è casalinga anche quando arriva in Italia. Gli uomini tendono a partire prima di sposarsi per guadagnare e accumulare le risorse necessarie a metter su famiglia. Le emigrazioni femminili, invece, hanno un’altra sembianza: le donne partono anche da situazioni familiari difficili. Infatti, per esempio, c’è un’alta percentuale di divorziate sudamericane che stanno in Italia: vedove, divorziate o separate che spesso, una volta qui, trovano facilmente altri compagni. E infatti tra queste donne c’è un tasso di matrimoni misti abbastanza elevato”.