Tra fisco e previdenza dagli stranieri 11 miliardi di euro
Fonte: www.redattoresociale.it
Dossier Caritas-Migrantes. Versati 7,5 miliardi di contributi previdenziali e 3,5 miliardi di gettito fiscale. Ogni anno le spese per i permessi di soggiorno e le richieste di cittadinanza fruttano 100 milioni di euro
ROMA – Gli immigrati versano alle casse pubbliche più di quanto ottengono come fruitori di prestazioni e servizi sociali. È quanto emerge dal ventesimo Dossier immigrazione di Caritas-Migrantes, che presenta al proprio interno un’analisi sui costi benefici dell’immigrazione nel nostro paese. In particolare gli stranieri in Italia dichiarano al fisco oltre 33 miliardi l’anno e, sempre in un anno, versano quasi 11 miliardi di contributi fiscali e previdenziali che – si legge nel Dossier –, trattandosi di lavoratori giovani e ancora lontani dall’età della pensione, hanno contribuito al risanamento del bilancio dell’Inps. Scendendo nel dettaglio, i versamenti contributivi derivanti dai circa due milioni di lavoratori stranieri ammontano a un totale di circa 7,5 miliardi di euro, vale a dire il 4% di tutti i contributi previdenziali versati in Italia nel 2008 e il 5% di quelli versati nelle regioni settentrionali.
Quanto al fisco, tra dipendenti, autonomi e parasubordinati nell’anno 2008 gli immigrati hanno versato alle casse dello Stato un totale di 2 miliardi e 271 milioni di euro. A circa 100 milioni di euro ammontano, invece, le spese annuali per i rinnovi dei permessi di soggiorno e le domande di cittadinanza italiana. Mentre, sul fronte dei consumi, le stime palano di 1 miliardo di euro di imposte, portando il totale del gettito complessivo a quasi 3,5 miliari di euro: un dato che risulta comunque parziale in quanto non tiene conto di altre imposte, come quelle relative alle lotterie, per cui non esistono cifre attendibile. Il dato del gettito contributivo e fiscale degli immigrati nel 2008 si avvicina, dunque, a un totale 11 miliardi di euro: 7,5 miliardi di contributi previdenziali e 3,5 miliardi di gettito fiscale.
Ammontano, invece, a circa 10 miliardi di euro i costi di welfare relativi agli utenti stranieri. In particolare, si tratta di 2,8 miliardi di euro per la sanità (2,4 miliardi per gli immigrati regolari e 0,4 per gli irregolari “stranieri temporaneamente presenti”), che nel 2008 equivale al 2,5% dei 105 miliardi di spesa complessiva. Sempre per il 2008, invece, la spesa per gli studenti stranieri nel settore scuola è stata anche in questo caso di circa 2,8 miliardi di euro, pari al 6,5% dei 44 miliardi di euro di spesa totale. Per quanto riguarda i servizi sociali comunali, le stime del Dossier parlano di circa 450 milioni di euro, solo 130 dei quali destinati agli interventi di integrazione sociale in senso stretto. Il quarto settore è quello della casa (alloggi di edilizia residenziale pubblica e contributi del fondo sociale per l’affitto), dove le spese relative agli stranieri raggiungono complessivamente i 400 milioni di euro. Vi è poi il trasferimento monetario del settore previdenziale, che equivale a circa 400 milioni di assegni familiari e circa 600 milioni di trattamenti pensionistici (con l’esclusione degli italiani all’estero che rappresentano la maggioranza dei dati rilevati dall’Inps). A questi settori il Dossier aggiunge quello della giustizia (tribunali e carceri), che per il 2008 è costato allo Stato poco meno di 2 miliardi di euro per i cittadini stranieri, cioè il 25% circa dei 7,5 miliardi di euro spesi complessivamente.
Alle stime il Dossier aggiunge alcune precisazioni. In primo luogo il fatto che in alcuni settori, come la scuola e la giustizia, il costo del personale supera il 90% del totale e quindi addebitare all’utenza immigrata una quota percentuale di spesa standard appare come un’operazione impropria. L’incremento dei costi, dunque, non è dovuto alla predisposizione di nuovi servizi, ma piuttosto alla lievitazione delle spese per il personale, indipendentemente dalla composizione dell’utenza. La crescita di nuovi utenti immigrati ha messo sì sotto pressione settori come la scuola, il carcere o la sanità, ma più per lo sforzo dei singoli operatori che per i nuovi investimenti. Inoltre – avverte il Dossier – l’Italia è “forse” il paese europeo che ha meno ha investito, in questi anni, nelle politiche di integrazione sociale ed ha finora retto su questo fronte solo grazie al lavoro delle organizzazioni del volontariato e del terzo settore.